I personaggi del teatro di Shakespeare (Italian Edition) by William Hazlitt

I personaggi del teatro di Shakespeare (Italian Edition) by William Hazlitt

autore:William Hazlitt [Hazlitt, William]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2016-03-02T23:00:00+00:00


Enrico IV

(in due parti)

Se alla passione di Shakespeare per ciò che è buffo si debbono a volte dei difetti nelle sue tragedie (il che non accade spesso), egli ci ha però risarciti con il personaggio di Falstaff. Questo è forse il più solido personaggio comico che sia mai stato inventato.

La presenza di Sir John appare assai robusta anche all’occhio della mente; ed in lui – per non esser blasfemi – «osserviamo corporalmente la pienezza dello spirito dell’arguzia e della comicità». Conosciamo la sua figura altrettanto bene che l’animo suo, ed il vigore e la sapidità delle sue battute ci raggiungono con forza come raddoppiata dalla quantità di carne attraverso cui si fanno strada, allorché i suoi fianchi lardosi sono scossi dalle risate, oppure «ingrassa la terra sterile mentre cammina».

Altri personaggi comici, ad avvicinarsi e toccarli con mano, sembrano dissolversi nell’aria; ma questo personaggio è compatto e percepibile anche ai sensi meno raffinati: ha lo spessore di «tre dita di lardo sulle costole», si fa sentire mediante i polmoni e il diaframma, con tutta la forza del godimento animale. Il suo corpo è come la proprietà fondiaria della sua mente, dalla quale riceve rendite e imposte in natura, proporzionali all’estensione e alla ricchezza del suolo. Il motto di spirito è spesso un magro sostituto del piacere dei sensi: un’effusione di spleen, una specie di ripicca di fronte al benessere altrui, da parte di chi ne sia privo. Le arguzie di Falstaff emanano invece da una sana costituzione; da un esubero di allegrezza e bonomia; danno voce alla contentezza del suo cuore, allo straripante appagamento in se stesso e negli altri. Non sarebbe in carattere, che Falstaff non fosse grasso com’è; perché v’è la più grande coerenza tra lo sconfinato lussureggiare della sua immaginazione e il suo viziatissimo indulgere negli appetiti carnali. Egli concima e nutre la propria mente con battute di spirito, così come il corpo con vin di Spagna e zucchero. Non cessa di tagliare e servire in tavola porzioni su porzioni delle proprie burle, come farebbe con un cappone o con una coscia di carne di cervo, miracolosamente inesauribili; e vi versa sopra l’olio dell’allegria. La sua lingua trasuda grassezza, e nelle cavità del suo cervello «nevicano carne e bevande». Per lui è sempre vacanza e le visite sono gradite a tutte le ore, e insieme a lui si è sempre invitati da qualche parte a mangiare fesa di manzo e bere bordeaux.

E tuttavia non dobbiamo assumere che si tratti di un mero edonista. Quanto sopra vive nell’immaginazione non meno che nella realtà tangibile. La sua carnalità non assorbe e stordisce tutte le altre facoltà, bensì «sale al cervello, e lì prosciuga tutti i vapori opachi, pesanti e acri che lo avvolgono e lo rende ricettivo, pronto, incline alla fantasia, lo riempie di forme agili, ardenti e dilettose». È la sua immaginazione a sostenere il gioco, dopo che i sensi hanno fatto la loro parte. La libertà dalla moderazione, l’allegrezza, i propri comodi, la propria vanità, pare goderseli più nell’esagerata descrizione che ne fornisce che all’atto pratico.



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