I pianeti extrasolari by Giovanna Tinetti;

I pianeti extrasolari by Giovanna Tinetti;

autore:Giovanna, Tinetti; [Tinetti, Giovanna ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: La cultura scientifica, Farsi un'idea
ISBN: 9788815353177
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-09-15T00:00:00+00:00


Un po’ di spettroscopia

Come facciamo a conoscere la composizione chimica di oggetti lontani come i pianeti e le stelle? Dall’analisi della luce irradiata dall’oggetto astrofisico a diverse lunghezze d’onda. Vediamo di spiegare un po’ meglio come avviene questa analisi.

Max Planck e Albert Einstein ci hanno spiegato, all’inizio del secolo scorso, che un corpo nero a una certa temperatura emette fotoni – pacchetti di luce – non a caso, ma secondo una precisa distribuzione che dipende soltanto dalla temperatura del corpo (la curva di Planck).

I fotoni possono essere visualizzati come particelle prive di massa, che trasportano l’energia e altre quantità fisiche associate alla radiazione. L’energia di un fotone è proporzionale alla frequenza della radiazione a meno di una costante moltiplicativa, h, la costante di Planck. Frequenza ν e lunghezza d’onda λ della radiazione sono inversamente proporzionali, e sono legate tra loro da una semplice relazione: λ = c/ν. Dove c è la velocità della luce, un’altra costante! Lunghezze d’onda corte corrispondono quindi a fotoni molto energetici, lunghezze d’onda lunghe a fotoni poco energetici.

Per tornare al nostro corpo nero, se la temperatura del corpo è molto calda, il corpo emetterà una distribuzione di fotoni, con un alto numero di fotoni energetici, cioè con lunghezza d’onda corta. L’opposto per un corpo freddo. Se sommiamo tutti i fotoni emessi dal corpo, ovvero calcoliamo l’energia emessa dal corpo per unità di tempo e di superficie, otteniamo un risultato proporzionale alla temperatura del corpo elevata alla quarta potenza.

Una stella come il nostro Sole ha una temperatura fotosferica di circa 5.500 °C. Un corpo nero a questa temperatura emette soprattutto fotoni nel visibile, cioè le lunghezze d’onda a cui il nostro occhio è sensibile. Dal punto di vista evolutivo, infatti, i nostri occhi sono dei perfetti sensori per vivere su un pianeta illuminato da una stella come il Sole. Organismi viventi nati su un pianeta illuminato da una nana rossa, più fredda del Sole, avranno probabilmente sensori più adattati a fotoni con lunghezze d’onda più lunghe del visibile, cioè nel vicino infrarosso.

Parlando di temperature planetarie, un corpo a 1.000 °C, come i gioviani caldi, emette soprattutto fotoni nell’infrarosso vicino. Un corpo a 15 °C, come la nostra Terra, emette soprattutto fotoni a lunghezze d’onda termiche, nell’infrarosso medio. Consideriamo ora un pianeta con un’atmosfera a temperatura costante. La radiazione emessa dal pianeta seguirà una curva di Planck. Questa ovviamente è un’approssimazione poco realistica. La radiazione stellare scalda metà emisfero, creando un gradiente termico verticale e orizzontale. La temperatura del pianeta varia quindi al variare della pressione atmosferica e della latitudine-longitudine. Misuriamo ora la radiazione emessa dal pianeta in queste condizioni: è una curva di Planck «dentellata», con linee in assorbimento e in emissione, cioè uno spettro come quello mostrato nella figura 7. Gli atomi e le molecole, infatti, non assorbono, né emettono fotoni di qualsivoglia energia. Le energie permesse sono tipiche di ciascuna molecola o atomo, e sono quindi dei segni distintivi, delle firme. Molecole complesse assorbono/emettono soprattutto fotoni con energie corrispondenti a lunghezze d’onda nell’infrarosso. Queste energie sono piuttosto basse, e il loro effetto tipico è di fare ruotare o vibrare la molecola.



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