I viaggi di Jupiter: Il giro del mondo in motocicletta (Italian Edition) by Ted Simon

I viaggi di Jupiter: Il giro del mondo in motocicletta (Italian Edition) by Ted Simon

autore:Ted Simon [Simon, Ted]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica
ISBN: 9788861926288
editore: Elliot
pubblicato: 2010-06-22T22:00:00+00:00


«Suona il pianoforte?» mi chiese l’agente con un ghigno. Forse voleva essere un complimento, ma io lo interpretai come una minaccia che evocava un’immagine di dita fratturate.

L’uomo che mi fotografò mi disse che aveva sviluppato le pellicole. «Molto belle» commentò «ottime fotografie». Mentre risalivamo le scale, si fermò un altro tipo che stava scendendo, e mi sorrise. Per quei tipi, era tutto divertente.

«Sarà espulso» annunciò. «Ho dato un’occhiata al suo passaporto. Il visto è stato annullato».

Mentre il pomeriggio trascorreva lento, cercai di rendermi conto di quello che stava accadendo. Sapevo che era tutto possibile. Avrebbero potuto liberarmi, oppure uccidermi. Non avevo motivo di illudermi che non fosse così. Perciò la domanda che dovevo pormi era: “Perché dovrebbero volere la mia morte?”. Non l’avrebbero fatto senza motivo, non valeva tutto il trambusto che avrebbe provocato. Se volevano sbarazzarsi di me avrebbero potuto deportarmi, come l’ultimo agente mi aveva fatto capire. Ma per qualche motivo non riuscivo a credere a questa ipotesi.

No, ormai avevo evocato lo spettro della morte e avrei dovuto affrontarlo. Mi avrebbero ucciso, per sbaglio o per coprire qualcos’altro. Temevano che stessi compiendo una qualche sorta di missione rivoluzionaria. Avrebbero cercato prove; sarebbero riusciti a scovare il passaporto nascosto, e questo li avrebbe insospettiti come non mai. Mi avrebbero interrogato, e io avrei potuto soltanto negare. Sarebbero dovuti ricorrere alla tortura, e senza alcun risultato, naturalmente, perché non potevo inventare ciò che non esisteva. E poi? Sarebbe stato di gran lunga troppo imbarazzante lasciarmi andare: più semplice simulare un incidente e dire che ero scomparso anziché consentirmi di tornare in patria in aereo a riferire l’episodio.

Nelle seguenti ventiquattro ore rimasi con queste uniche due ipotesi: sarei stato deportato, oppure torturato e ucciso. Più passava il tempo e più il mio pessimismo cresceva. Non riuscivo a trovare nessuno che fosse disposto a parlare con me o a rispondere alle richieste più semplici.

Verso sera gli impiegati se ne andarono. Mi portarono un’altra scodella di riso e fagioli, e poi… niente. Al termine della serata, mi resi conto che il tentativo di avvertire il console era fallito, e le implicazioni di questa scoperta furono sconvolgenti. Mi diventò impossibile credere che il modo in cui mi stavano trattando fosse semplice noncuranza. Dovevano farlo apposta. Non poteva essere solo paranoia.

Le pareti continuavano a trasudare umidità. Durante il giorno non si notava, ma, una volta calata la notte, si cominciava a gelare. La mattina dopo ero scosso dai brividi, febbricitante e raffreddato. Era un sabato e, dopo un po’, mi resi conto che l’ufficio sarebbe rimasto deserto durante il weekend.

Escogitai tutti i modi possibili per ingannare il tempo. Cercai di recitare qualche poesia, e rimasi di stucco perché non mi ricordavo quasi niente. Contai le piastrelle sulle pareti e quelle del pavimento. Cercai di studiare un piano di fuga, qualcosa di realizzabile. Pensai che forse se l’aspettavano (salendo in piedi su un raccoglitore mi sarei potuto arrampicare oltre il muro, ma non avevo idea di cosa avrei trovato dall’altra parte). Cercai di capire se c’era una qualche sorveglianza, un circuito di telecamere, forse.



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