Idi di Marzo 2008 by Valerio Massimo Manfredi

Idi di Marzo 2008 by Valerio Massimo Manfredi

autore:Valerio Massimo Manfredi [Manfredi, Valerio Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Letteratura Italiana
pubblicato: 2012-08-30T19:31:57+00:00


«Questa uscita ha a che fare con il messaggio che ti ho portato?»

«Sì.»

Cesare non disse altro e Silio non fece altre domande.

Camminò fino al tempio, seguendo i suoi pensieri finché raggiunse il santuario.

Entrò nell’edificio vuoto e silenzioso da una porticina secondaria e andò a sedersi su una panca lungo il muro perimetrale a sinistra della statua della dea. Non passò molto tempo che nella luce dell’ingresso si stagliò una figura femminile con il capo velato.

La donna avanzò con passo costante fino al simulacro di Diana: una bella statua di marmo greco che rappresentava la dea in tunica corta, arco e faretra. La donna depose nel bruciaprofumi qualche granello di incenso.

Cesare uscì dall’ombra fermandosi dietro una colonna: «Servilia…».

La donna si scoprì il capo. Era ancora incantevole, benché ormai cinquantenne. I fianchi risaltavano sotto l’alta cintura, e l’abito scollato lasciava intravedere un seno forte e fermo. Solo il volto rivelava i segni di molte emozioni passate: «Chi altri se no?» rispose lei. «Era tempo che non ti vedevo… troppo. Avevo desiderio

d’incontrarti.»

«Devi dirmi qualcosa?»

I due si accostarono l’uno all’altra finché i loro volti furono così vicini che il loro respiro si confondeva. Servilia esitò prima di rispondere: «Volevo salutarti perché non so se ne avrò più l’occasione. Corre voce che stai completando lo schieramento delle tue forze per la spedizione in Oriente. Non so se riuscirò a vederti prima della tua partenza. Hai tante incombenze, tanti doveri cui assolvere, così la tua amica ha voluto incontrarti».

Cesare le prese la mano e restò quasi a contemplarla a capo chino per lunghi

istanti. Poi alzò lo sguardo: «Altre volte sono stato assente a lungo e non hai sentito il bisogno di dirmi addio. Come mai?».

«Non lo so. Affronti un’impresa enorme che ti terrà lontano chissà per quanti anni.

Io non sono più una ragazza. Potresti non trovarmi più al tuo ritorno.»

«Servilia… perché evochi presentimenti infausti? Le probabilità sono assai più contro di me che contro di te. Ho bisogno di pace ma sono tormentato da visioni spaventose, sento freddo… a volte… a volte ho paura.»

Servilia gli si avvicinò ancora, adesso le punte del suo seno sfioravano il petto di lui: «Vorrei tanto riscaldarti, come facevo una volta, quando mi amavi, quando non potevi fare a meno di me, quando… ero la tua ossessione. Ciò che mi preoccupa ora è che tu abbia paura di partire per la guerra. Non è mai successo».

«Non ho paura di partire… ho paura di non partire.»

«Non capisco.»

«Davvero non capisci?»

Servilia abbassò gli occhi in silenzio. Cesare sfiorò con le dita la grande perla nera incastonata fra i seni di lei, un suo regalo di favoloso valore che lei ostentava sempre nelle uscite pubbliche come un soldato ostenta una decorazione. Glielo aveva

mandato il giorno in cui aveva sposato Calpurnia perché capisse che la sua passione era immutata.

«Io voglio partire, andarmene. Questa città mi opprime, la sento nemica.»

Servilia lo fissò con occhi lucidi: «Più grande è il tuo potere più forte è l’invidia, più grande è il tuo valore più forte è l’odio. È inevitabile. Hai sempre vinto, Cesare, vincerai anche questa volta».



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