Il dandy by Massimiliano Mocchia di Coggiola

Il dandy by Massimiliano Mocchia di Coggiola

autore:Massimiliano Mocchia di Coggiola [Coggiola, Massimiliano Mocchia di]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Dandysmo
ISBN: 978-88-85772-20-5
editore: ALCATRAZ
pubblicato: 2019-06-14T22:00:00+00:00


Curioso notare come già nel 1600 si consigliava ai nobili inglesi un comportamento affatto differente da quello dei cavalieri e cortigiani stranieri. E, nel 1630, venne finalmente un manuale: English Gentleman and English Gentlewoman, di Richard Brathwite. Questo libello, che sta tra il Galateo e il Cortegiano, discute di principii di cortesia di notevole interesse. Secondo Brathwite, il gentleman ha da praticare delle buone maniere che vanno al di là della gentilezza esteriore, e devono rispecchiare la natura morale dell’uomo. «La virtù», scrive, «si vede più dalla bontà di una persona che dal posto che occupa». Oppure: «La nobiltà non si rivela da ciò che indossiamo ma da ciò che siamo». Il gentiluomo deve allora coltivare la modestia: «In realtà non c’è ornamento che dia più lustro a un gentiluomo dell’umiltà di cuore, e il fatto di essere tanto più affabile e modesto nella sua maniera di fare e nei suoi sentimenti quanto più alto è il posto che occupa. Il gentiluomo detesta la superbia come una nemica della vera nobiltà». Terza virtù cardinale è la compassione (cosa che non troviamo sovente nei manuali della stessa epoca scritti in Francia). La compassione significa anche darsi ai doveri propri a un proprietario terriero: «Il gentiluomo e la gentildonna non devono passare i loro giorni in città o alla corte, ma dedicare la maggior parte del tempo ai loro possedimenti e ai loro vicini di campagna». Anche la gentildonna dovrebbe vivere nelle sue tenute di famiglia: «La sua residenza è in campagna, dove la ospitalità e le opere pie rivelano l’innata nobiltà. Dei campi aperti essa fa il suo salotto». Tutto questo ci porta lontano da Urbino o da Versailles.

Infine, Brathwite giunge alla conclusione che un gentiluomo non è tale se non ha qualcosa da fare. «L’ozio rende gli uomini donne, le donne bestie, e le bestie mostri». Ognuno ha da esaminare le proprie attitudini e decidere se è più idoneo a un’attività pubblica o privata. «Tutti devono seguire una vocazione a qualunque rango o ceto appartengano. Una vocazione particolare è assegnata a ciascuno di noi in questo pellegrinaggio di umana fragilità». Brathwite non avrebbe classificato la vita oziosa di un cortigiano francese sotto la voce “vocazione”. L’inattività è dunque un difetto che non s’addice a un autentico gentleman.

Le regole del comportamento enunciate da Brathwite sono dunque dissimili a quelle esposte nei manuali del continente. Interessante il discorso sulla conversazione, nella quale solo gli anziani hanno il diritto di brillare; è opportuno ricordare ai giovani che «la lingua è un piccolo membro del corpo, ma molto volubile e pericoloso». Ecco spiegato perché sua signoria se ne sta sempre zitto se non è chiamato in causa, ma preferisce leggere il giornale. «Un abbigliamento sfarzoso è l’abbigliamento del peccato»: l’aspirante gentleman dovrebbe ricordare che gli indumenti sono simbolo della prima caduta dell’uomo, e che Adamo fu il cattivo sarto di se stesso; e invece di scopiazzare le mode straniere, i giovani gentleman dovrebbero seguire l’esempio «dei russi, dei moscoviti, e degli ionici, persino dei barbari indiani» che conservano inalterati i loro costumi tradizionali.



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