Il filo infinito by Paolo Rumiz

Il filo infinito by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz [Rumiz, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Europa, Italia, Viaggi, Generica
ISBN: 9788858834558
Google: jBeJDwAAQBAJ
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2019-03-19T23:00:00+00:00


7.

Il pianoforte e i bisbigli

Cîteaux, Francia

Sotto uno strato di nubi, la Francia si apre con campi di grano e vento atlantico che si infila nella Porta Burgundica, tra i Vosgi e le alture del Giura. Camion, chiuse fluviali, strade con poche curve, niente tunnel, orizzonti larghi. Allontanandosi dalle Alpi, la muscolatura del Continente si distende. La Francia è poco abitata, emana un silenzio severo e privo di eco. Ma è proprio il silenzio che cerco a Cîteaux, l’antica Cistercium, dove nel 1098 nacque dalla famiglia benedettina – troppo cresciuta come potenza economica – l’ordine dei cistercensi, favorevoli a un ritorno alla povertà evangelica e a una più stretta osservanza della Regola. Accoglienza, ascolto, solidarietà, canto, lavoro manuale, carità: tutti i capisaldi del pensiero del Santo furono rilanciati in modo formidabile nel dodicesimo secolo da questa nuova ondata di atleti della fede, i quali fondarono in un secolo più di cinquecento abbazie. Sento che questo viaggio coincide sempre più con la riscoperta dei valori liquidati o derisi dalla modernità. Ma fra tutti è del silenzio che ho più nostalgia.

I campanili a cipolla della Baviera sono alle spalle. Il cuore dell’Esagono è segnato da dolci acque e verdi saliscendi; un mondo di chiatte, ninfee e biciclette, punteggiato da guglie gotiche e robuste chiese romaniche. Dopo la confluenza tra la Saona e il canale Rodano-Reno, il viaggio verso occidente vive un’accelerazione, come su un piano inclinato. Si va, ipnotizzati dal Sole che avanza nella stessa direzione, finché all’orizzonte appare una linea nera come un’onda di marea, che sembra tagliare a metà la Francia intera da nord a sud: la Côte d’Or, la terra dei grandi vini di Borgogna. È ai piedi di quella scarpata che appare la mitica abbazia, o meglio ciò che ne resta dopo i saccheggi della guerra dei Trent’anni e le devastazioni di epoca rivoluzionaria. Il cuore del monastero è completamente nuovo, di una nudità a volte sconcertante. Ed è strano, in una Borgogna dove quasi in ogni villaggio trionfa il Medioevo, scoprire che proprio Cîteaux, la grande capostipite, non ha quasi nulla di antico.

Ma oltre il lungo muro di cinta, è sempre la Francia che ti accoglie. Rurale e dispensatrice di cibo. Odore di fieno, mucche e letame. Un trattore sposta mucchi di terra davanti alla “fromagerie”, due operai in tuta blu puliscono i canali di scolo della stalla. Ma, appena oltre la porta d’ingresso dell’abbazia vera e propria, si entra in un mondo di bisbigli. Dal monaco portinaio poche frasi cortesi. Ha le mani grandi di chi sta in campagna e ci smista allegramente come pecore. La sua tonaca cistercense, bianca con scapolare nero, è stretta in vita da una pratica cintura di cuoio, simbolo di ritrovata manualità.

La chiesa è spoglia ai limiti dell’iconoclastia. Una croce, una Madonna e il ritratto dei tre patroni: Alberico, Stefano e Bernardo. È una ricerca di essenzialità che ricalca una tradizione del dodicesimo secolo. L’architettura cistercense cerca la bellezza non aggiungendo ma togliendo, e forse per questo parla anche ai non credenti. I silenzi fanno parte di questa filosofia.



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