Il gatto che portò la felicità by Rui Kodemari

autore:Rui Kodemari [Kodemari, Rui]
La lingua: ita
Format: epub
editore: SPERLING & KUPFER
pubblicato: 2024-03-24T12:00:00+00:00

L’ennesimo trasloco

DIZIONARIO delle foglie.

Così chiamavo il Field Guide to North American Trees, guida agli alberi regalatomi un Natale da Michio.

«Che ne pensi di una promenade?»

Nei giorni liberi, dopo cena, facevamo piacevoli passeggiate che Michio vezzosamente chiamava promenade.

«Andiamo, andiamo. Aspetta un attimo che prendo il dizionario delle foglie.»

Mentre camminavamo tra le file di alberi sul sentiero che portava alle vette dolci nei pressi di casa, il libro serviva a identificare i nomi delle piante.

In primavera osservavamo i germogli sui rami, in estate le giovani foglie verdi, in autunno quelle svolazzanti e quelle cadute sul ciglio della strada e in inverno le belle bacche rimaste sui rami morti.

«Oh cielo, non c’era bisogno di portarti quel peso dietro…»

Però, anche se con un sorrisetto sulle labbra, quando trovava una rara foglia caduta o un frutto strano, alla fine mi toglieva il volume dalle mani per consultarlo: «Fammi vedere, fammi vedere…»

Quando dimenticavo di portare il libro, si cacciava in tasca le foglie che aveva raccolto per studiarle a casa.

Dall’inizio alla metà di ottobre, il bosco era una spettacolare festa di colori.

L’acero da zucchero passava esitante dal giallo all’arancione.

L’acero rosso era una fiamma color rubino brillante, che sfavillava vivace.

Contrariamente al suo nome, l’acero nero era dorato al crepuscolo, mentre l’acero argentato risplendeva di un caldo bagliore arancio.

Solo le venature delle foglie rimanevano verdi nell’acero striato.

L’acero giapponese aveva foglie più piccole di qualsiasi altro acero, ma di un rosso più intenso di tutti.

Non lo sapevo prima di venire negli Stati Uniti.

Non sapevo che esistesse una così ampia varietà di aceri.

Poi c’erano i pioppi gialli, dalle dimensioni di un palmo umano e le foglie che sembrano guanti, le querce brune di varie tonalità e forme, il castagno, la betulla, il ginkgo, il salice, lo tsuga, il pino, l’abete, il tiglio, il melo, l’albero dei fazzoletti, l’albero dei tulipani, il castagno giapponese, l’ippocastano, il platano orientale, l’acero campestre…

Innumerevoli foglie cadevano come una pioggia dal cielo autunnale sempre più cupo. Una volta a terra, fluttuavano e danzavano alla rapsodia del vento.

Il gatto, incantato, le inseguiva. Prendeva la mira, saltava in alto e cercava di afferrarne una con le zampe. Quando ci riusciva, la infilzava con orgoglio e la portava in casa con fare scanzonato. Ma la foglia era di solito più scaltra del gatto, ne schivava rapidamente gli artigli e si dileguava, come a dire: Ci si vede, eh?

Mi chiedo se per il gatto le foglie cadute che scendevano volteggiando fossero prede vive, proprio come gli uccellini e gli insetti. Forse, per lui, tutto ciò che gli veniva portato dal cielo aveva una vita propria.

Come faceva a saperlo? Credeva che tutte le cose piovute dal cielo fossero vive e presenti, proprio come lui?

La luce del sole, le foglie, la pioggia, i venti primaverili, i venti invernali, la neve, le tempeste di neve, i lampi, i tuoni, la felicità, la sfortuna, il destino, la morte: sono tutti ugualmente presenti in questo mondo. Pertanto, non abbiamo altra scelta che accettare e abbracciare ogni cosa così com’è.

Il quarto anno di nuovo a Ithaca.

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