Il giardino di Bloomsbury by Mario Fortunato

Il giardino di Bloomsbury by Mario Fortunato

autore:Mario Fortunato [Fortunato, Mario]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2024-04-12T08:28:12+00:00


11. Caro Roger

Mentre nel settembre 1926 lavorava al quadro che in seguito avrebbe intitolato View into a Garden – il tema della continuità tra interno ed esterno, o meglio della specularità tra le due dimensioni sarà col tempo un leitmotiv del suo lavoro – Nessa scrisse a Roger: “Adesso è così magnifico qui che andarsene è insopportabile… Il giardino è pieno di dalie e farfalle rosse e, se si vuole, si può stare seduti all’esterno tutto il giorno.”

Fin da principio Roger fu uno dei frequentatori più assidui e più amati di Charleston. “Quando c’è Roger in giro,” confessò Duncan a un amico, “sembra di lavorare con un passo più spedito.” Del resto a lui si dovettero il disegno e la struttura di un paio di camini della casa, oltre al progetto dello studio di Duncan e alla pianta del giardino. Roger era una fonte inesauribile di idee – che potevano riguardare il miglior funzionamento di uno scaldabagno o la differenza tra forma e visione nell’opera d’arte. Più vecchio di tutti i charlestoniani, sembrava in realtà il più giovane perché il suo entusiasmo era pari solo al suo rigore spirituale. Non a caso era un quacchero, il che in parole povere vuol dire che una certa austerità del gusto e dello stile era il combustibile e non il deterrente della sua inesausta sete conoscitiva – perché è noto che la penuria rappresenta uno dei più poderosi incentivi al sapere, per non parlare della fame. Roger inoltre possedeva una dote particolarmente rara in ambito intellettuale: pur essendo forse l’uomo più erudito del suo tempo, almeno in ambito visuale, egli era del tutto estraneo al concetto di pesantezza. Amava giocare, amava gli scherzi e amava l’infanzia, che peraltro lo ricambiava con entusiasmo. Amava anche gli scacchi: nelle partite di solito vinceva, visto che la sua mente sapeva essere analitica come un microscopio e intuitiva come un’occhiata. Quando di rado perdeva, Roger ne era lieto lo stesso, poiché in lui mente e occhio possedevano il felice equilibrio di una veduta di Cézanne.

Quando arrivava nel Sussex, Roger appariva simile al pifferaio magico. I figli di Nessa ne erano subito sedotti. Vestito di solito con un burbero tre pezzi di tweed, i capelli bianchi clamorosamente arruffati e sul naso gli occhialini tondi di metallo, egli sembrava disporre di un numero infinito di tasche e di borse da cui estraeva libri, pinze, giocattoli o cassette di colori. In sua presenza Julian, Quentin e Angelica si trasformavano seduta stante in piccoli disegnatori o bricoleur o perfino in attori di pantomime immaginarie che lui, Roger, progettava durante il viaggio in treno da Londra. La pantomima finiva col coinvolgere anche gli adulti e in quattro e quattr’otto Charleston diventava una succursale del Globe Theatre.

La passione contagiosa per i travestimenti e le maschere doveva avere origine nella sua sfortuna sentimentale: in fondo camuffarsi è un modo per depistare la scalogna. Al contrario di quasi tutti i bloomsburiani che a letto erano flui- di un secolo prima che il concetto stesso venisse elaborato, Roger militava convinto nei ranghi dell’eterosessualità.



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