Il guanto di rame by Cassandra Clare

Il guanto di rame by Cassandra Clare

autore:Cassandra Clare
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
Tags: Romanzo
editore: Mondadori
pubblicato: 2015-10-19T22:00:00+00:00


10

Quando vide l’autostrada, Call rabbrividì al ricordo dell’ultima volta che l’aveva attraversata cercando Aaron. Non aveva certo dimenticato il dolore alle gambe mentre si costringeva a correre, il panico al pensiero dell’amico in pericolo, e poi la scoperta di non essere la persona che aveva sempre creduto.

Jasper si accovacciò e accarezzò la testa di Subbuglio, che gli si era avvicinato. Per un attimo non sembrò così tanto un deficiente.

Poi si accorse che Call lo fissava e lo guardò storto.

Call si sedette per terra e seguì con lo sguardo le poche auto che passavano.

Tamara stava digitando sul telefonino. Forse cercava qualcosa per la loro missione, o forse stava solo mandando messaggi agli amici a casa. Aaron era accigliato e pensieroso, un po’ discosto, come un eroe dei fumetti. Un eroe in miniatura, un pupazzetto.

Call si chiese che faccia avrebbe fatto scoprendo che gli aveva mentito, e parecchio.

Era ancora lì a lambiccarsi quando un’elegante auto nera accostò.

Il finestrino si abbassò e il maggiordomo di Tamara, Stebbins, si tolse gli occhiali svelando gli occhi azzurro chiaro.

«Salite.

Dobbiamo sbrigarci.»

Jasper si catapultò sul sedile posteriore. «Oh, santa idratazione.»

Prese una bottiglia d’acqua da uno dei supporti e la tracannò tutta.

«Il cane non sale» disse Stebbins. «Mi sporca tutti i sedili e graffia la pelle con le unghie.»

«Non sono i tuoi sedili» gli ricordò Tamara, battendo con la mano sul posto accanto al suo. Il lupo balzò in macchina e si rigirò con aria dubbiosa.

Poi salì anche Call, e si prese Subbuglio in braccio. Difficile credere che non molto tempo prima il lupo stesse rannicchiato sotto la sua maglietta. Ormai era grande quasi quanto lui.

Aaron salì davanti.

«Immagino che faremo come al solito» disse Stebbins rivolto a Tamara. «L’indirizzo?»

Call glielo diede, anche se non sapeva il numero, solo la via.

Stebbins inserì il nome nel GPS dall’aria non magica.

E via.

«In che senso, “come al solito”?» chiese sottovoce Jasper a Tamara.

«Stebbins partecipa a corse clandestine con le auto dei miei genitori» disse lei, sempre a voce bassa. «Io lo copro.»

«Sul serio?» disse Jasper, fissando con nuovo rispetto l’autista.

Call si ritrovò a sonnecchiare appoggiato al finestrino finché la testa non cominciò a cozzare contro il vetro. Avevano imboccato una strada sterrata.

Batté le palpebre.

Sapeva benissimo dov’erano. «Si fermi qui» disse. Stebbins accostò e strizzò gli occhi. «Qui?» ripeté, ma Call stava già aprendo la portiera. Subbuglio balzò giù e si mise a correre in cerchio, contento di essere libero.

I ragazzi scesero e Stebbins fece inversione: pareva felice di essersi sbarazzato di loro.

«Mi prendi in giro?» disse Jasper davanti alla distesa di auto.

«Questo è un deposito di rottami.»

Call lo guardò storto, ma Tamara alzò le spalle. «Ha ragione, Call.»

Il ragazzo cercò di vedere quel luogo familiare attraverso gli occhi dell’amica. Era proprio brutto.

Sembrava un parcheggio, solo che le auto non erano bene allineate.

Erano ammucchiate a caso. Alcune riportavano tracce di incidenti; la maggior parte erano state prelevate e lasciate dove c’era posto. La ruggine fioriva lungo i tetti e i fianchi, macchiando i profili un tempo lustri e cromati. Attorno alle vetture l’erba era cresciuta alta, segno eloquente di lungo abbandono.



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