Il leopardo di Kublai Khan by Timothy Brook

Il leopardo di Kublai Khan by Timothy Brook

autore:Timothy Brook [Brook, Timothy]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2020-07-08T12:00:00+00:00


3. Il fulmine.

I gesuiti non mettevano in contrapposizione teologia e scienza. Per loro il sapere tecnico europeo del mondo naturale era un sapere cristiano, e proprio per questo poteva far da ponte tra la dimensione secolare e quella religiosa. Secondo loro la conoscenza scientifica dell’universo poteva convincere gli interlocutori piú istruiti ad abbracciare la mente divina che aveva concepito il tutto. Per i Cinesi, però, si trattava di un passaggio per nulla scontato. Alcuni lo fecero, si pensi a Paolo Xu, ma per tanti altri questo nuovo sapere, ad esempio la geometria, non implicava giocoforza una dimensione teologica. Per i gesuiti non era possibile escludere Dio dalle equazioni, mentre per i Cinesi sí. Tuttavia la loro strategia comunicativa per parlare del sapere scientifico moderno aveva sempre un secondo fine: si trattava innanzitutto di mostrare che il mondo era un’espressione dell’intenzione insita nella creazione divina, per poi convincere gli interlocutori a credere nel loro Dio.

Si prenda per esempio il fulmine. Ricci poteva scrivere in cinese la frase «quando sentiamo l’eco di un tuono, vediamo un fulmine colpire un albero», senza che vi fosse il minimo fraintendimento: questa sua descrizione dei fatti, in effetti, corrispondeva a un’esperienza condivisa. Culture diverse tra loro potrebbero magari non essere d’accordo sull’idea che sia il fulmine a produrre il tuono o viceversa, ma di sicuro concordano senza troppi problemi sul fatto che un fulmine possa abbattersi al suolo distruggendo ciò che ha colpito. Le cose però si complicano quando si va oltre la semplice descrizione dei fatti: è qui che possono nascere i fraintendimenti. Ricci continuava la sua spiegazione affermando che il fulmine «non colpisce necessariamente i malvagi». A questo punto il fulmine smetteva di essere un semplice evento fisico e diventava un atto intenzionale per mezzo del quale il Cielo puniva la gente malvagia, passando all’improvviso dal piano della fisica a quello della metafisica e dell’etica. Prima della scoperta dell’elettromagnetismo molte culture attribuivano la forza distruttiva del fulmine alla volontà degli dèi di servirsene per punire i malvagi; possiamo dunque immaginare che per gli Italiani e per i Cinesi non fosse poi cosí insolita una simile conversazione. Quando però cominciava a servirsi dei suoi modelli esplicativi, Ricci doveva impegnarsi molto per fare in modo che essi avessero un senso per i Cinesi. Che cos’erano la terra e il Cielo? Chi era quella divinità che dispensava fulmini per punire il male umano? Quale rapporto poteva esserci fra tale divinità e gli dèi che i Cinesi erano soliti riverire?

In genere, quando andiamo incontro a una nuova cultura, tendiamo a evitare di inoltrarci in questioni cosí complesse. Ricci invece ci provò, e per farlo privilegiò la diplomazia sull’aggressività, pur sapendo di avere una specifica missione da compiere: si trovava in Cina per spiegare ai Cinesi perché le loro visioni metafisica e teologica erano errate e perché, invece, la visione cristiana del cosmo era piú corretta. Un missionario che cerca di farsi strada in un’altra cultura ha bisogno di individuare le differenze conoscitive che possono permettergli di trasmettere le proprie verità.



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