Il mare non bagna Napoli by Anna Maria Ortese

Il mare non bagna Napoli by Anna Maria Ortese

autore:Anna Maria Ortese [Ortese, Anna Maria]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2011-12-15T07:27:13+00:00


Storia del funzionario Luigi.

Mi ricordai così che anche il Compagnone scriveva, o almeno si era illuso di farlo, e solo ultimamente aveva finito per dedicarsi agli sketch. Mi ricordai altre cose.

Il motivo per cui ero arrivata fin là – ottenere alcune informazioni e indiscrezioni sui giovani scrittori napoletani – era sparito per lasciar posto a un interesse più profondo, dal quale non era escluso un certo imprecisato spavento. Nella mia mente, era come se in una vasta casa dimenticata qualcuno passasse di corsa, alzando una lanterna.

Dovevo convenire che Luigi non era stato soltanto un funzionario, e nemmeno del tutto un napoletano, così come quelli che aveva avuto intorno, e la stessa cupa strada che io avevo percorso poco prima in tram, non erano soltanto Napoli, cioè incoscienza e colore, non erano solo un’ondata di antichità, ma anche le cose giovani che scorrono, con molta angoscia, al disotto dell’antichità.

Non era stato un giovane come tanti, benché, come tanti, scrivesse, e la sua produzione fosse contenuta negli schemi soliti, poesie, articoli, racconti e qualche pagina di romanzo. Adesso non faceva più nulla, ma vi era stato un tempo, subito dopo il ‘45, a Napoli, ch’egli era stato al centro della pubblica attenzione, riconoscendo tutti nella sua prosa agile e sfrontata, nello scherno e l’ira di cui erano irti i suoi scritti, il segno di una Napoli diversa da quella che finora ci avevano rappresentata classici antichi e moderni, non più ridente e incantata, o tambureggiante e grottesca, ma livida come una donna da trivio sorpresa da un subitaneo apparire della ragione. Non solo quella brutta poesia ch’egli pubblicò in “Sud: giornale di cultura”, fondato e diretto dal ragazzo Prunas:

Questa è la mia città senza grazia

cosa che non aveva detto alcuno, dal principio dei tempi, parlando di Napoli, su cui pesava la favola di una felicità enorme, ma anche racconti e articoli pubblicati un po’ dappertutto recavano il segno di questa coscienza, un barlume, s’intende, ma bastevole ad accendere la speranza. In quel tempo, il Compagnone era comunista, come del resto tutta la più tenera gioventù di Napoli, affinatasi nelle cellule segrete del Guf. Era corso subito a iscriversi in quella squallida sede di Via Galiani, una volta partiti i tedeschi, con la scrupolosità del cittadino che, rasa al suolo la città, ma ammutolite finalmente le batterie nemiche, s’avvicina a quei pozzi che spera non infetti, per ricominciare la vita. A momenti dava persino noia col suo entusiasmo, ma non poteva non intenerire; e durando e diffondendosi la fama di quella sua intelligenza, di quel suo ridere così disperato, pieno di un tremito di cieli infranti, la sua casa fu presto come una guarnigione, in stretta comunicazione con quella del ragazzo Prunas, posta nella roccaforte della “Nunziatella”, dove il padre del Prunas dirigeva quell’antica scuola militare. Intorno, Napoli era quello ch’è noto, una colata lavica di pus e di dollari, l’Americano aveva sostituito il Borbone, e bastava sentire dire ochei, perché dalla Vicaria a Posillipo tutti i cuori tremassero, e in queste due



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