Il Matematico che sfidò Roma - Versione integrale by Francesco Grasso

autore:Francesco Grasso [Grasso, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: quelli di zed, 0111edizioni, 0111
ISBN: 9788863078480
editore: Zerounoundici
pubblicato: 2014-12-30T23:00:00+00:00

Una notte, mentre ero immerso nella lettura nella biblioteca del padrone, realizzai all’improvviso di non essere solo. Alzai la candela, trattenni il respiro, avvertii una presenza silenziosa in quella grande sala piena di ombre.

«Ipsicle?» sussurrai «sei tu?»

Ne dubitavo fortemente; quando avevo saldato il suo debito con Eufronio col denaro di Archimede, mio fratello aveva promesso di abbandonare la carriera di ladro e tornare alla bottega di ceramica. Non ero certo che avrebbe mantenuto la parola, ma neppure un gaglioffo come Ipsicle poteva essere tanto ingrato da derubare il suo stesso salvatore.

Allora chi? Mi alzai cautamente, accesi un secondo stoppino, puntai la piccola fiamma verso l’ingresso della biblioteca. E la vidi.

«Psiche?» esclamai «cosa fai lì al buio?»

«Ho sentito un rumore» rispose in tono incerto la ragazza «pensavo… volevo controllare…»

Era una scusa talmente smaccata che dovetti reprimere una risata. Voglio dire, erano mesi che tiravo l’alba tra i papiri del padrone, tutti in casa lo sapevano. Psiche, indovinai, era semplicemente curiosa di scoprire cosa combinassi lì dentro tutte le notti. Chissà perché si vergognava a confessarmelo.

Non volevo metterla a disagio, perciò finsi di crederle.

«Mi spiace averti svegliata» mormorai. «Già che sei in piedi, perché non vieni qui alla luce? Non è proibito.»

Psiche non diede segno di volersi muovere. Al contrario, s’irrigidì nel buio come a cercarne protezione. Mi parve di sentire il rimbrotto di Archimede; Stai seguendo un procedimento errato, Dinostrato. Ricorda, le parole sono strumenti; scegli le più adatte e perverrai alla soluzione.

Assunsi un tono più deciso.

«Vieni qui, Psiche.»

Lei avanzò timidamente, mi raggiunse. Portava i capelli neri morbidamente raccolti sulla spalla destra e indossava una veste da notte che le lasciava scoperte le braccia sottili. Pensai che nessuna spirale matematica avrebbe potuto eguagliare in perfezione la curva del suo collo nudo.

«Siedi accanto a me» sancii.

Lei arrossì lievemente, ma ubbidì.

«Sono favole, quelle che stai leggendo?» chiese dopo un attimo d’esitazione.

Come volevasi dimostrare, avrebbe detto Archimede. Srotolai un papiro per mostrarglielo. Lei osservò di sfuggita quei segni che, lo sapevo, le erano del tutto sconosciuti.

«Vuoi che te ne legga qualcuna?» proposi.

«Meglio di no» titubò Psiche «di solito mi fanno paura.»

«Non sono storie di mostri come quelle che racconta tua madre» la rassicurai «al contrario. Sai, ce n’è una che mi ha fatto pensare a te.»

«Che vuoi dire?»

«Ascoltala e lo saprai.»

Lei annuì docilmente. Io spulciai i versi in cerca degli esametri che ricordavo. Ma, complice forse l’emozione, giunsi sino alla fine del rotolo senza riuscire a trovarli. Appuntai, mordendomi le labbra, di chiedere al maestro se aveva mai ideato un marchingegno che facilitasse le ricerche nei papiri, che permettesse di correre al punto desiderato del testo così come un dardo vola al suo bersaglio.

Decisi di andare a braccio, contando sulla memoria e ancor di più sull’improvvisazione.

«C’era questa ragazza» esordii «aveva occhi grandi e capelli color della notte. E si chiamava come te.»

Psiche inarcò gli angoli della bocca in un accenno di sorriso, ma non disse nulla. Io proseguii.

«Era così bella che tutti la paragonavano ad Afrodite. Un complimento che però la dea giudicò un oltraggio.

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