Il polentone by Michele Guarì

Il polentone by Michele Guarì

autore:Michele Guarì
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini+Castoldi
pubblicato: 2023-01-23T17:47:04+00:00


16.

Fine della cuccagna

Per niente disturbata dalla coda di chiacchiere che qualcuno ancora faceva sul marito, la Sindachessa gestiva con civica dedizione le pratiche degli appalti.

A scomodarla arrivò, però, un giovedì, il ragioniere Sollano che, a orario di chiusura degli uffici, le mostrò la lettera appena depositata nella Segretaria Comunale con la quale tre consiglieri del gruppo democristiano dichiaravano di lasciare la maggioranza per costituire un gruppo autonomo. Nella lettera affermavano che con raccomandata a parte avrebbero informato l’avvocato Mangione di essersi dimessi dal partito.

Convocando lo stesso pomeriggio una di quelle riunioni che solitamente si tenevano di sabato nel salotto di casa sua, la Sindachessa si ritrovò a dare a Mangione e a Trafficante quella notizia che si sarebbe risparmiata volentieri.

«Sono sicuramente Barbaro, Pitrone e Totò Gallo. Sempre scotenti sono stati», disse Mangione.

«Quelli. Io lo sapevo che prima o poi qualcuno si sarebbe ribellato», confermò la Sindachessa. «Al segretario comunale hanno già annunciato che, da autonomi, faranno maggioranza con i quattordici comunisti e che il sindaco sarà Peppe Popolo.»

«Disonorati!» borbottò Trafficante che non se l’aspettava.

«Questo sapete cosa vuol dire? Che la cuccagna è finita», disse la Sindachessa.

Si alzò. Andò verso il quadro di Napoleone che copriva la cassaforte e lo staccò. E compiendo un rito al quale erano abituati, compose le prime due cifre della combinazione che serviva ad aprirla. Le altre quattro le andarono a comporre Mangione e Trafficante. Due a testa.

Proprio perché la cassaforte era a casa sua, la Sindachessa non aveva mai voluto essere a conoscenza della combinazione completa. Non si era mai voluta caricare di tanta responsabilità.

Trafficante girò le manopole e la cassaforte si aprì.

Uno spettacolo.

Lo stesso Napoleone, poggiato irrispettosamente di traverso a terra, pareva averne ammirazione.

«Con i quasi cento milioni dei mesi precedenti, ancora da dividere, più quello che abbiamo ricavato dai finanziamenti arrivati con la campagna elettorale, sapete quanti sono?»

Per non affidarsi alla memoria, Mangione tirò fuori dal portafogli un bigliettino e lesse: «327 milioni!»

«Guardateli e fateci la croce sopra», continuò la Sindachessa. «Sono gli ultimi. Con tre consiglieri che ci lasciano io cado da sindaco e voi da assessori. La festa è finita.»

Mangione e Trafficante la guardarono sconsolati.

«Secondo voi tutti questi soldi come li dobbiamo dividere?» domandò la Sindachessa, tornando a sedere.

«Onestamente», rispose Trafficante, che evidentemente non aveva il senso del ridicolo.

«E come sarebbe onestamente?»

«Come abbiamo sempre fatto. Dividendo in dieci quote.»

«Ma che dite? Proprio perché potrebbero essere gli ultimi, dividere tutto questo ben di Dio secondo le vecchie regole vuol dire regalare un sacco di soldi a sette teste di cazzo.»

Se Rosalia, che era solita parlare da signora, stava scivolando sul triviale, dovevano davvero essere arrivati al capolinea.

«Solo noi tre ci abbiamo lavorato. Gli altri non hanno fatto niente. Non se li meritano.»

«E secondo te cosa dovremmo fare?» domandò Mangione, che non capiva dove la Sindachessa volesse andare a parare.

La Calì rispose di un fiato: «Mandiamo a fare in culo tutti e li dividiamo solo tra di noi. Così, invece di poco più di diciannove stracciati milioni, ce ne toccheranno quasi ottanta a testa».



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