Il servo Jernej e il suo diritto by Ivan Cankar

Il servo Jernej e il suo diritto by Ivan Cankar

autore:Ivan Cankar [Cankar, Ivan]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Racconto
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 1976-12-31T23:00:00+00:00


11.

Lubiana è una grande città.

Le case sono alte, ben allineate l’una accanto all’altra e non c’è siepe che le separi.

Le strade sono piene di gente e ogni giorno c’è la messa grande e qualche processione.

I preti sono così numerosi che si è tentati di andarsene in giro con il cappello sempre in mano.

Le campane suonano e rintoccano da mattina a sera.

Si cammina come in una fiera: non si sa cosa guardare, dove mettere i piedi e a chi rivolgersi.

Jernej gironzolò a lungo per piazze e per strade preso dall’ammirazione per tante meraviglie; poi entrò in una chiesa, si inginocchiò davanti a un altare laterale e pregò a lungo.

La chiesa era immersa in una silenziosa penombra, nella quale si poteva più facilmente conversare con Dio.

Quando ebbe finito di pregare, la fede di Jernej era più grande e più salda.

“Forse la strada sarà ancora lunga, forse il cammino sarà ancora penoso, pieno di sassi e coperto di rovi!” pensava. “Ma un giorno o l’altro arriverò a vederne la fine, verrà il momento in cui le porte mi si apriranno! Dio non ha nascosto la giustizia come fa l’avaro con il suo tesoro! Batterò a cento porte, ma la centounesima mi verrà spalancata!”.

Uscì sulla via e domandò a un uomo dall’aspetto signorile che passava di là: “Dove sono i giudici cui potrei rivolgermi per spiegare la mia causa?”.

L’uomo dall’aspetto signorile lo guardò sorpreso, poi sorrise.

“Nonno, cercatevi prima un buon avvocato, e lui preparerà la denuncia e si occuperà della vostra causa!”.

“Ma che bisogno c’è di un buon avvocato, se il mio diritto è così evidente che un cieco lo vedrebbe e lo sentirebbe un sordo? Non devo fare causa per una questione di confini o per un diritto di passaggio, né desidero imbrogliare nessuno: perché dunque dovrei mettermi a cercare un imbroglione di avvocato? Non cerco beghe, ma giustizia!”.

“La cercherete a lungo, nonno! In molti hanno cercato la giustizia, ma sono caduti per via; e Pilato se ne lavò le mani!”.

Detto questo, gli rise in faccia e se ne andò per la sua strada.

“Anche lui ha conosciuto l’ingiustizia!” pensò Jernej. “Infatti rideva per non piangere!”.

Jernej camminò ancora a lungo, domandò, cercò e trovò.

Era un edificio enorme, così grande come Jernej non ne aveva ancora mai visti.

A passi esitanti entrò nell’atrio.

Molta gente andava e veniva da ogni parte, nell’atrio, per i corridoi, su e giù per le scale; gente di città e contadini, uomini e donne; e tutti avevano un’aria preoccupata e frettolosa: come se fossero alla fiera.

Jernej non sapeva se andare a destra o a sinistra, se proseguire o salire le scale.

Salutò un uomo dall’aspetto distinto e gli domandò dove fossero i giudici; il signore lo guardò stupito e, scuotendo la testa, passò oltre.

Sicché Jernej se ne rimase lì, con il cappello in mano, e non sapeva da che parte andare.

Proprio in quel momento sentì, provenienti dalle scale, due voci che urlavano: una voce grossa di uomo e quella acuta di una donna: “Assassini! Assassini! Assassini!”.

Scendevano le scale a grandi passi, le facce contratte dall’ira.



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