Il Turco a Vienna by Franco Cardini
autore:Franco Cardini [Cardini, F.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biblioteca Storica Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2015-10-02T16:00:00+00:00
10. «Dies gloriae»
Il soccorso cristiano
Facciamo, come nei romanzi dell’Ottocento, un passo indietro. È difficile dire se quel che invase l’Europa alla notizia che il Turco era sotto Vienna fosse più il gelo del terrore o il fuoco ardente della rabbia e dell’entusiasmo. Entrambi, forse, e in intensa anche se eterogenea misura. Prendiamo un solo esempio, sia pur eccezionale: un simbolo del fiore della cavalleria della Cristianità occidentale che da secoli, a successive ondate, veniva attratto ad oriente, verso l’Oriente, come da una calamita.
Non era un granché, sotto il profilo fisico. Era bassino, mingherlino, bruttino: e quelle alte parrucche tardo-barocche con la discriminatura centrale con le quali i pittori di corte si ostinavano a ritrarlo, insieme con lo splendore d’acciaio della corazza e tanto di bastone di comando e di candido destriero rampante, forse peggioravano la situazione. Ma era un genio militare, un coraggioso fulmine di guerra, un mecenate generoso, un raffinato cultore d’arte. In quel corpicciolo gracile e sgraziato albergava un’anima splendida, un vero chevalier chrétien, un autentico prince charmant.
È chiaro di chi si parla. Del grande Eugenio di Savoia-Carignano-Soissons. O meglio, come la storia lo ricorda, del Principe Eugenio.
Una gloria d’Europa: un grande europeo fiero e cosciente di esserlo. Tanto che amava firmarsi «Eugenio von Savoie», unendo così, nel suo nome, gli idiomi delle sue tre patrie: l’Italia, che sotto il profilo geografico e linguistico era il luogo natìo della madre; la Francia, dove era venuto da parte sua alla luce, dove aveva mosso i primi passi e appreso la lingua che egli considerava la sua vera Muttersprache; infine non tanto la Germania quanto piuttosto il Sacro Romano Impero, la corona del quale – pur restando formalmente elettiva – era di fatto ormai dalla fine del Quattrocento saldamente trattenuta dai rostri dell’aquila d’Asburgo, che era qualcosa di ben più che tedesco e allargava i suoi vanni fino a coprire parte delle terre slave cattoliche, dell’Italia centro-settentrionale e del mondo balcano-danubiano.
Oggi tutti venerano la sua memoria, nei paesi che possono considerarsi «suoi». Soprattutto in Germania: dove perfino durante il nazionalsocialismo – che pure non era tenero né con i rampolli di case reali, né con i fedeli di casa d’Austria, né con le figure storiche di europeisti ai quali il mondo tedesco avesse dato l’impressione di andare stretto – gli furono dedicati un’intera divisione SS, la Prinz Eugen, e uno dei più grandi incrociatori della marina militare del Reich. Chissà se avrebbe gradito un omaggio del genere. È anche molto famoso e – stranamente, in apparenza – perfino amato nella stessa Turchia: e sì che, finché visse, portò con orgoglio il soprannome di Türkenfurcht, «Terrore dei Turchi».
Nato a Parigi il 18 ottobre del 1663, era il quinto e ultimo dei figli maschi di Eugenio Maurizio, principe di Savoia-Carignano e conte di Soissons, e di Olimpia, nata dal matrimonio tra Michele Lorenzo Mancini e Girolama, sorella del cardinal Mazarino. Delle cinque nipoti del Mazarino, che a Parigi venivano chiamate le mazarinettes, sua madre era forse non la più bella (pare che
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