Inflazione by Stefano Feltri

Inflazione by Stefano Feltri

autore:Stefano Feltri [Feltri, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2023-03-07T10:00:00+00:00


L’antidoto della credibilità

Nel 1980 Paul Volcker è a capo della Federal Reserve da pochi mesi, si è insediato nel 1979, nei quattro anni precedenti aveva guidato la FED di New York, prima ancora aveva avuto incarichi di governo.

Pochi giorni prima della nomina di Volcker, l’ex governatore della Federal Reserve, Arthur Burns (1970-1978), tiene un discorso a Belgrado, al meeting annuale del Fondo monetario internazionale, che suona come una dichiarazione di impotenza. La resa della più potente banca centrale del mondo di fronte a un’inflazione che in quella fase sembrava diventata un ingrediente ineliminabile dell’instabilità finanziaria.

Burns ha una diagnosi molto poco economica e finanziaria dell’inflazione. Sostiene che dopo la Grande depressione e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la società americana è stata tenuta insieme dall’aspettativa condivisa di un progresso costante, un miglioramento continuo dello stile di vita, per tutti, ricchi e poveri, quindi espansione della produzione ma anche del welfare.

Quando la crescita ha rallentato, il governo ha continuato a garantire questo miglioramento attraverso spesa pubblica in deficit, creando così le condizioni per l’inflazione.

Burns si lancia anche in una invettiva contro i disoccupati che «hanno trovato gradevole vivere per gran parte del tempo grazie ad assegni di disoccupazione, buoni alimentari, e sussidi, magari integrati da qualche lavoretto occasionale in nero in una economia informale che si sta espandendo». I toni sono analoghi a quelli delle polemiche in Italia sul reddito di cittadinanza alcuni decenni dopo.

Burns sostiene che le «tendenze filosofiche e politiche attuali» hanno trasformato in modo irreversibile la vita economica dei paesi occidentali, non soltanto gli Stati Uniti, e hanno creato le premesse per una “inflazione secolare” con queste cause: l’impegno dei governi a mantenere una piena occupazione irrealistica (nel senso di tenere la disoccupazione più bassa di quanto è compatibile con la stabilità dei prezzi), programmi di welfare ispirati alle forze progressiste, l’espansione dello stato regolatore che riduce l’efficienza dell’economia nel tentativo di guidarla e di limitare le disparità, e la pressione dei governi per risolvere problemi economici e sociali attraverso la leva fiscale.

Per l’ex banchiere centrale tra le determinanti del contesto inflazionistico c’è anche «la crescente partecipazione dei cittadini nell’arena politica», una preoccupazione in quella fase condivisa da tutti gli ambienti conservatori, dopo le mobilitazioni studentesche del Sessantotto e contro la guerra del Vietnam.

Secondo Burns non c’è molto che i banchieri centrali possano fare: troppo complicato il contesto, qualunque mossa può generare errori disastrosi, e troppo forte la pressione della politica: ormai le persone si sono adattate a un’economia distorta dall’inflazione e si aspettano prezzi crescenti sia che l’attività economica risulti in espansione che in contrazione, e per questo «è illusorio aspettarsi che i banchieri centrali possano mettere fine a una inflazione che affligge le democrazie industrializzate, anche se possono attuare alcune azioni stabilizzatrici».

Il suo successore Paul Volcker, che prende il posto dell’effimero William Miller rimasto in carica poco più di un anno prima di passare al governo, dimostrerà due cose importanti: che Burns si sbagliava, cioè che i banchieri centrali non erano impotenti di fronte a quella



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