Jarabi. Nascere, morire, amare: come ritrovare il filo della vita by Giuseppe Cloza

Jarabi. Nascere, morire, amare: come ritrovare il filo della vita by Giuseppe Cloza

autore:Giuseppe Cloza [Cloza, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2023-11-08T00:00:00+00:00


La sofferenza fisica

I medici e gli infermieri palliativisti sono per esempio esperti di terapia del dolore. Oggi è infatti possibile gestire questo problema e tirare un grande, grandissimo sospiro di sollievo.

Il dolore fisico, quando è presente, è ovviamente la prima cosa da risolvere per garantire la qualità della vita. Se non si elimina quello, per il malato (e la famiglia) è impossibile qualunque attività.

Ma ci vogliono operatori esperti nel delicato equilibrio fra la somministrazione di farmaci come la morfina e il mantenimento di un adeguato livello di coscienza per continuare a vivere e interagire con serenità e lucidità.

Ciò purtroppo non è sempre possibile negli ospedali tradizionali, dove in genere non si è abituati a questa delicata importantissima alchimia e spesso il dolore fisico viene trattato troppo (con la sedazione) o troppo poco.

E poi ci sono altri errori che a volte vengono fatti, in completa buona fede, per mancanza di conoscenza specifica del processo del morire. Errori che creano sofferenze aggiuntive assolutamente evitabili.

Quando ci sono difficoltà respiratorie (dispnea), per esempio, può essere molto efficace un mix di farmaci per lenire il dolore e la fame d’aria (come la morfina) e placare l’ansia (come le benzodiazepine), perché si deve interrompere un circolo vizioso in cui i due sintomi si rafforzano a vicenda. Nella maggior parte dei casi il problema si risolve e i sintomi si placano. Ma chi non è esperto di terapia del dolore non sempre applica queste soluzioni.

Se non si considera la fisiologia del morire e ci si comporta come se la persona fosse un paziente in via di guarigione, si rischia di fare dei danni. Per esempio con i liquidi. Quando ci si avvicina progressivamente alla fine, le esigenze del corpo cambiano perché cambia il funzionamento degli organi. Il metabolismo diventa “catabolico”: l’organismo consuma più energia di quanta ne possa ricevere, perché in pratica non riesce più ad assimilare il cibo. Da qui l’inevitabile perdita di peso.

Per questo a un certo punto non si ha più fame. In ogni caso per placare l’eventuale senso di fame o sete in quelle fasi sono sufficienti alimenti e liquidi in quantità minime. Insistere con l’idratazione artificiale, come se ci si trovasse di fronte a un metabolismo “normale”, può creare problemi e sofferenze evitabili.

Il messaggio da cui siamo costantemente bombardati, e cioè che “bere tanta acqua fa bene”, non necessariamente vale anche per un organismo in quelle condizioni. Anzi.

Infatti i reni sono fra i primi organi che iniziano a funzionare meno. Per questo motivo può essere poco utile, se non addirittura dannoso, idratare continuamente la persona in questione, per esempio con le flebo come si fa negli ospedali, che sono strutturati per guarire e non per accompagnare alla fine della vita.

Sovraccaricare di liquidi una persona con i reni compromessi significa aumentarne la sofferenza, creando problemi respiratori dovuti al fatto che i liquidi non smaltiti finiscono anche nei polmoni.

Un altro esempio della diversa fisiologia è quello della sete. Nelle fasi finali, quando gli organi piano piano si ritirano, arriva un periodo in cui si



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