Karma rosso sangue by Jean-Christophe Grangé

Karma rosso sangue by Jean-Christophe Grangé

autore:Jean-Christophe Grangé [Grangé, Jean-Christophe]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti
pubblicato: 2024-10-11T22:00:00+00:00


87.

Per semplificare le cose, presero una camera con due letti. Non per fare economia (Mersch non parlava mai di soldi, pagava tutto, dai biglietti d’aereo al soggiorno – indennità di missione?), ma semplicemente perché volevano restare accanto, uniti, in quello spaventoso tuffo nell’ignoto.

A dispetto dell’aspetto fatiscente, Nicole trovò il loro nido piuttosto accogliente. I letti, con le loro coperte arancione acceso, evocavano la camera di un bambino. Il ventilatore non dava l’idea di funzionare, ma forse era lì soltanto per ricordare l’epoca vittoriana. Mobili di compensato, manifesti turistici alle pareti: quel ridicolo sforzo decorativo era quasi commovente. I soprammobili, le lampade, la sedia, sembrava tutto finto, come una scenografia che non riesce a dare l’illusione del vero.

Nicole entrò nel bagno. Asciugamani macchiati, lavandino scheggiato, cabina doccia nascosta dietro una tenda di plastica tutta strappata, wc grigiastro. Gli scarafaggi dovevano essere un esercito e l’acqua calda un lusso inaccessibile.

Tutto era appiccicoso, umido, ammuffito. Calcutta puzzava di ascelle sudate e alito pesante. Molto bene, molto bene, si disse Nicole, nessun problema… come se quella pervasività del marciume la rassicurasse.

«Andiamo a cena?» propose Mersch.

Lungo Sudder Street, gli alberghi decrepiti si alternavano a negozi di souvenir che rimanevano aperti e illuminati anche di notte, esponendo le loro cianfrusaglie sulla terra battuta.

Alcuni stranieri vagavano nella fanghiglia illuminata da pozzanghere di luce. Nessuno di loro sembrava molto lucido: i visi coperti dai capelli lunghi, i corpi martoriati dalla droga, deambulavano simili a zombie alla ricerca dello sballo, come demoni affamati di carne umana.

Nicole era soddisfatta di essere lì, al capolinea. Quante volte aveva sentito gli hippy parlare dell’India come di un Eldorado, una Xanadu? Quante volte i capelloni dello square du Vert-Galant le avevano decantato le virtù dell’Oriente? Adesso ci era arrivata, vicino a quei ragazzi morenti, naufragati a qualche migliaio di chilometri di distanza.

Trovarono un piccolo ristorante che rispecchiava il colore locale: tavoli traballanti, pavimento di piastrelle scheggiate, pareti di cemento dipinto e, naturalmente, ondate di curry per mettervi appetito…

La luce era assicurata da lampadine che pendevano dal soffitto come teste d’aglio, i ventilatori giravano di sghimbescio, come ruote sbilenche e, quanto ai convitati, era meglio non guardarli. Uomini dal viso nero, senza vita né espressione, che mangiavano con una mano, affondando due dita nel piatto.

Ordinarono alla cieca. Il menù era scritto in hindi o in bengalese, lettere magnifiche, affusolati arabeschi che ricordavano le miniature dei libri d’ore medievali.

Nicole conosceva le regole elementari di sopravvivenza a quelle latitudini. Non bere mai acqua non purificata, a cominciare da quella del rubinetto. Anche il cibo era da prendere con le pinze: molto speziato, avrebbe di certo provocato una diarrea incontenibile.

Ma Nicole moriva di fame e di sete e, nonostante questi avvertimenti, si gettò come Mersch sui piattini colorati e profumati che gli servirono. Assaporò il pollo grigliato rosso come un papavero. Si deliziò con le frittelle di formaggio, che dovevano visibilmente essere state intinte in una sorta di yogurt arricchito con lamelle di cipolla e cocomero. Una combinazione divina, che le andava giù come un nettare.

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