Kelley Armstrong by Giuseppe

Kelley Armstrong by Giuseppe

autore:Giuseppe
Format: epub


Agguato

Per il viaggio di ritorno a Bear Valley, Clay si è messo alla guida, Nick si è seduto dietro e io ho preso posto nel sedile del passeggero, dove la cintura di sicurezza mi faceva sentire più tranquilla. Come temevo, la Camaro non aveva molta voglia di ripartire, ma Clay ha vinto le sue resistenze premendo l’acceleratore fino in fondo, mandando su di giri il motore e inserendo bruscamente la retromarcia, ignorando i rumori metallici che provenivano da sotto il cofano. Presa tra due volontà contrastanti, l’auto si è arresa e si è fatta guidare senza tante storie fino in città.

«No, prendi la prossima uscita», ho detto a Clay che aveva imboccato la prima svolta per Bear Valley. «Andiamo nella parte orientale. All’hotel».

«All’hotel?».

«Non ha senso attraversare tutto il centro, quando magari i bastardi non si sono nemmeno mossi dalla loro camera. E se sono andati da qualche parte, forse riesco a fiutare la loro traccia partendo dall’hotel».

Clay ha stretto i pugni attorno al volante: era sicuro che i bastardi volessero prendere Jeremy e per lui andare fino all’hotel significava solo perdere dei minuti preziosi, lo sapevo. E tuttavia il mio ragionamento era sensato. Invece di rispondermi, ha fatto un’inversione a U e si è immesso di nuovo nell’autostrada tagliando la strada a un rimorchio carico di legname. Ho tenuto gli occhi chiusi per il resto del tragitto.

Arrivati al motel, Clay ha mollato la macchina vicino all’ingresso, nel parcheggio per i portatori di handicap, e si è fiondato fuori dall’abitacolo ancora prima che il motore fosse spento. Ho preso le chiavi dal blocco di accensione e gli sono andata dietro. Questa volta non si è nemmeno preso la briga di inscenare una recita per far fesso l’addetto alla reception, perché per fortuna non c’era nessuno dietro al bancone. Ha fatto le scale due gradini per volta. Davanti alla camera di LeBlanc ha dato uno strattone alla serratura appena riparata ed è entrato senza neppure controllare che ci fosse qualcuno all’interno. Ero sull’ultimo gradino quando è uscito dalla camera.

«Andati», ha detto mentre mi superava precipitandosi giù per le scale. A metà rampa si è accorto che ero ancora ferma al primo piano e si è voltato: «Ho detto che se ne sono andati».

«Questa non è l’unica camera», ho replicato. «Marsten non si farebbe mai trovare nemmeno morto a dormire sul pavimento della camera di qualcun altro».

Clay ha grugnito qualcosa, ma io ero già nel corridoio e mi fermavo davanti a ogni porta, cercando di captare l’odore di Cain o di Marsten. Clay è tornato su e mi ha raggiunto a grandi passi. «Non abbiamo tempo…».

«Allora vattene», ho detto. «Vai!».

Invece non se n’è andato. Mi sono fermata alla terza camera dopo quella di LeBlanc.

«Cain», ho detto, con la mano sulla maniglia della porta. «Ci penso io. Tu vai avanti e trova anche Marsten».

La camera di Marsten era la successiva. Mentre Clay stava ancora controllando la stanza di Cain, ho aperto la porta e sono entrata. Fatta eccezione per la valigia in pelle di marca italiana, la stanza sembrava disabitata.



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