La coscienza delle parole. Saggi by Elias Canetti

La coscienza delle parole. Saggi by Elias Canetti

autore:Elias Canetti
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-12-15T16:00:00+00:00


Sono perfettamente consapevole del fatto che qui si è accennato a una piccola parte di quello che ci sarebbe da dire sul potere e sulla metamorfosi in Kafka. Sforzarsi di trattare questo tema in maniera più completa e approfondita sarebbe compatibile solo nell’ambito di un libro più vasto, mentre qui dobbiamo portare a termine la storia del suo legame con Felice, che durerà ancora per tre anni.

Degli sterili anni di questo legame, il più sterile di tutti fu il 1915, che rimase sotto il segno di Bodenbach: ciò che Kafka era riuscito per una volta a formulare in parole e a fissare sulla carta continuò ad agire in lui per molto tempo. All’inizio come conseguenza del loro incontro, Felice ricevette ancora alcune lettere di Kafka, che però le scriveva con minore frequenza. Sono lettere che contengono lagnanze sul rallentamento dell’attività letteraria - la quale veramente si è di nuovo esaurita - e inoltre sulla rumorosità delle nuove stanze in cui egli si è trasferito: è questo il tema che tratta più a fondo, e sono anche i passi più accattivanti. La vita di funzionario gli riesce ogni giorno più difficile; tra i vari rimproveri che non risparmia a Felice, il più grave è che lei abbia espresso il desiderio di vivere con lui a Praga. Praga gli è diventata insopportabile e pur di lasciarla Kafka concepisce il proposito di arruolarsi nell’esercito. La cosa che più lo fa soffrire della guerra, così dice, è di non potervi partecipare. Non è escluso però che arrivi anche il suo turno. Presto si recherà alla visita di leva e lei deve sperare che lo prendano, perché questo è il suo desiderio. Ma a dispetto dei suoi reiterati tentativi, non ne verrà fuori nulla e, « disperato come un topo in gabbia », egli rimarrà nel suo ufficio di Praga.

Felice gli manda Salammbô con una dedica molto triste. Leggerla lo addolora e così, per una volta, prova a scriverle una lettera consolatoria: «Niente è finito, non c’è buio, non c’è freddezza... Vedi, Felice, è accaduto soltanto che le mie lettere sono diverse e più rade. Qual è stato il risultato delle altre lettere, tanto più fitte? Tu lo sai bene. Dobbiamo ricominciare da capo... ».

Forse è la dedica di Felice che lo ha indotto a fissare l’incontro con lei e con Grete nella Svizzera boema per la Pentecoste. Ed esso si rivela per entrambi l’unico momento luminoso dell’anno. È probabile che la presenza di Grete abbia contribuito al buon andamento di quelle due giornate. Si può supporre che il terrore agghiacciante che le due donne insieme gli avevano ispirato durante il « tribunale » si sia almeno in parte dissipato in quella circostanza. Felice soffriva di mal di denti e Kafka ebbe il permesso di andarle a prendere l’aspirina e di « volerle bene faccia a faccia, cammin facendo». Avrebbe dovuto vederlo, le scrisse lui subito dopo esser tornato a Praga, come durante il lungo viaggio cercava nei lillà il ricordo di lei e della sua stanza.



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