La coscienza di Zeno by Italo Svevo
autore:Italo Svevo [Svevo, Italo]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
pubblicato: 2011-12-15T08:00:29+00:00
m’accorsi d’essere stanco, mortalmente stanco. Se tutti avessero saputo quale giornata io avevo trascorsa, m’avrebbero scusato. Avevo presa e violentemente abbandonata per ben due volte una donna ed ero ritornato due volte a mia moglie per rinnegare anche lei per due volte. La mia fortuna fu che allora, per associazione, nel mio ricordo fece capolino quel cadavere su cui invano avevo tentato di piangere, e il pensiero alle due donne sparve; altrimenti avrei finito col parlare di Carla. Non avevo sempre il desiderio di confessarmi anche quando non ero reso piú magnanimo dall’azione del vino?
Finii col parlare del Copler. Volevo che tutti sapessero che quel giorno avevo perduto il mio grande amico.
Avrebbero scusato il mio contegno.
Gridai che il Copler era morto, veramente morto e che fino ad allora ne avevo taciuto per non rattristarli. Guarda! Guarda! Ecco che finalmente sentii salirmi le lacrime agli occhi e dovetti volgere altrove lo sguardo per celarle.
Tutti risero perché non mi credettero e allora intervenne l’ostinazione ch’è proprio il carattere piú evidente del vino. Descrissi il morto:
- Pareva scolpito da Michelangelo, cosí rigido, nella pietra piú incorruttibile.
Ci fu un silenzio generale interrotto da Guido che esclamò:
- E adesso non senti piú il bisogno di non rattristarci?
L’osservazione era giusta. Avevo mancato ad un proponimento che ricordavo! Non ci sarebbe stato il verso di riparare? Mi misi a ridere sgangheratamente:
- Ve l’ho fatta! È vivo e sta meglio.
Tutti mi guardavano per raccapezzarsi.
- Sta meglio, - soggiunsi seriamente - mi riconobbe e mi sorrise persino.
Tutti mi credettero, ma l’indignazione fu generale. Giovanni proclamò che se non avesse temuto di farsi del male sottoponendosi ad uno sforzo, m’avrebbe gettato un piatto sulla testa. Era infatti imperdonabile ch’io avessi turbata la festa con una simile notizia inventata. Se fosse stata vera non ci sarebbe stata colpa. Non avrei fatto meglio di dire loro di nuovo la verità? Il Copler era morto, e non appena fossi stato solo, avrei trovate le lacrime pronte per piangerlo, spontanee e abbondanti. Cercai le parole, ma la signora Malfenti, con quella sua gravità di gran signora m’interruppe:
- Lasciamo stare per ora quel povero malato. Ci penseremo domani!
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La coscienza di Zeno - Italo Svevo
Obbedii subito persino col pensiero che si staccò definitivamente dal morto: “Addio!
Aspettami! Ritornerò a te subito dopo!”.
Era venuta l’ora del brindisi. Giovanni aveva ottenuta la concessione dal medico di sorbire a quell’ora un bicchiere di champagne. Gravemente sorvegliò come gli versarono il vino, e rifiutò di portare il bicchiere alle labbra finché non fosse stato colmo. Dopo di aver fatto un augurio serio e disadorno ad Ada e a Guido, lo vuotò lentamente fino all’ultima goccia. Guardandomi biecamente mi disse che l’ultimo sorso l’aveva votato proprio alla mia salute. Per annullare l’augurio, che io sapevo non buono, con ambe le mani sotto la tovaglia feci le corna.
Il ricordo del resto della serata è per me un poco confuso. So che per iniziativa di Augusta, a quel tavolo, poco dopo si disse un mondo di bene di me citandomi quale un modello di marito.
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