La furia di Roma by Roberto Fabbri

La furia di Roma by Roberto Fabbri

autore:Roberto Fabbri
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2018-01-07T16:00:00+00:00


Con le redini saldamente legate attorno alla vita Vespasiano teneva pronti i suoi cavalli, fermi sulla linea di partenza davanti ai cancelli del circo, a circa cinquanta passi dall’inizio della spina. A differenza del Circo Massimo, quello di Nerone non aveva stalle di partenza, perciò la corsa doveva iniziare quando Nerone faceva cadere il suo fazzoletto, ma dato che l’imperatore aveva spinto i suoi cavalli al piccolo galoppo ed era in vantaggio già di una decina di lunghezze, il segnale era evidentemente in ritardo. Vespasiano attese, cercando di non pensare ai soldi.

Quando Nerone giunse vicino alla spina lasciò cadere il fazzoletto; Vespasiano frustò i cavalli e si godette la spinta dei quattro bai che acceleravano, impazienti di inseguire gli arabi. Dal piccolo gruppo di spettatori si levarono grida più o meno entusiaste, più perché da loro ci si aspettava del tifo che non per vera tensione o eccitazione, visto che non c’erano dubbi su come si sarebbe conclusa la gara.

Vespasiano però non aveva intenzione di seguire mestamente l’imperatore, mantenendo le quindici lunghezze che quello si era assicurato con quel trucco spudorato. Lo sdegno provato per quella patetica manovra lo aveva convinto a correre sul serio e perdere vantaggio solamente all’ultimo giro. Fece schioccare la frusta sulle groppe dei cavalli, urlò per incitarli, e quelli allungarono il collo, sbuffando dalle narici dilatate, gli occhi illuminati da una furia selvaggia. Li spinse al galoppo verso la prima curva, sputando la polvere sollevata da Nerone che urlava ed esultava. Nonostante fosse un dilettante Vespasiano sapeva come tenere una squadra che non aveva mai guidato prima, e ben presto riuscì a farli correre e rispondere ai suoi comandi come se fossero una bestia sola. Quando Nerone svoltò in fondo alla spina lui aveva quasi dimezzato il vantaggio, ululando e sorridendo col vento che gli scompigliava la tunica e gli spruzzava in faccia la sabbia. Con l’abile gioco di redini che aveva perfezionato nel corso degli anni rallentò la squadra nell’esatta sequenza che permise ai cavalli di scivolare con eleganza attorno alla pietra in fondo alla spina.

Brandendo la frusta a quattro code e scuotendo le redini incitò i destrieri a spingere con più forza e quelli, uscendo dalla curva perfettamente allineati e con gli zoccoli che battevano praticamente all’unisono, scattarono avanti liberi di spremersi al massimo senza intralciarsi a vicenda. Man mano che la distanza tra lui e Nerone si assottigliava aumentava il volume delle grida dei senatori e degli stallieri che assistevano.

Facevano il tifo per lui, ne era certo, anche se ufficialmente quelle grida erano per Nerone.

Ma malgrado quell’eccitazione Vespasiano non era intenzionato a offrire loro una vittoria. E tuttavia continuava ad accorciare la distanza, così che quando il primo dei sette delfini di bronzo abbassò il muso e iniziò il secondo giro, Vespasiano era indietro di meno di dieci lunghezze. Ora affrontavano il lungo rettilineo, con Nerone che frustava gli arabi e si guardava alle spalle, poco attento alla sua squadra, la quale aveva cominciato a perdere ritmo, fondamentale per poter rispondere all’unisono ai comandi.



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