La galleria degli enigmi (Italian Edition) by Laura Marx Fitzgerald

La galleria degli enigmi (Italian Edition) by Laura Marx Fitzgerald

autore:Laura Marx Fitzgerald [Fitzgerald, Laura Marx]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B06XCRBQH8
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2017-03-15T23:00:00+00:00


15

Aprii la porta della galleria ancora prima che la mamma mettesse il piede sull’ultimo gradino delle scale di servizio.

E udii i passi di Alphonse alle mie spalle ancora prima di varcare la soglia.

Mi aiutò a tirare giù il lenzuolo e nel rivedere il quadro lanciò un fischio.

«Questo è un Rembrandt» disse, facendo un passo indietro per osservarlo meglio. «È incredibile la collezione d’arte che ha lassù. Come un Louvre chiuso in soffitta.»

Bah, pensai. Il quadro non mi piaceva molto.

Raffigurava una ricca dama con le guance rosse e la pappagorgia, una mano appoggiata su un tavolino e l’altra sotto il petto, in quello che avrebbe dovuto essere un gesto leggiadro, ma che a me faceva pensare al bruciore di stomaco. Nonostante la postura rigida, aveva il volto sereno e, a giudicare dai velluti e dalle perle che la circondavano, non c’era da stupirsene. Come le nature morte che aveva sostituito, la dama attirava l’attenzione sulla propria ricchezza: sete lucenti e stola di pelliccia sulle spalle. Una giovane donna, una cameriera, ipotizzai, le porgeva qualcosa da bere in una conchiglia tempestata di gemme.

Sofonisba, diceva la targa sulla cornice. «Chi dia…?» domandai ad alta voce.

«Sofonisba, regina di Cartagine ai tempi della Seconda guerra punica…»

«Ma cosa sei, un insegnante?» non potei fare a meno di ribattere. «Come fai a sapere sempre tutto?»

Alphonse si accigliò. Stavo cominciando a capire che, sebbene chiacchierasse volentieri di arte, libri, mitologia, persino dei padroni di casa, la sua vita privata era un argomento da prendere con le pinze. Alla fine rispose. «Sì, nel mio paese ero un insegnante» sussurrò come se mi stesse rivelando un segreto da custodire con la massima discrezione. Scoppiai a ridere davanti alla sua espressione seria.

«Ti sembra così assurdo?» Parve offeso e si lisciò la giacca, come fosse colpa della livrea da valletto.

«Niente affatto» ridacchiai. «Ora si spiega tutto.» Spiegava perché aveva sempre l’aria da saputo impettito e perché avevo sempre la sensazione che stesse per rimproverarmi di non aver finito i compiti.

«Insegnavo latino e greco. Ai ragazzi come te.»

«Io non sono un ragazzo» obiettai.

«Hai ragione, è vero. Le ragazze non studiano greco e latino. Ma tu sei come loro. Mi cerchi soltanto per ottenere risposte, invece di studiare per conto tuo.»

«Certo che le ragazze possono studiare greco e latino!» mi inalberai.

«Non ho detto che non possono.» Chinò il capo. «Ho detto che, di solito, non lo fanno.» E sorrise, quasi aspettando che lo contraddicessi.

«Allora che cosa è successo?» gli chiesi, svicolando. «Come ci sei finito qui?»

Alphonse esitò prima di rispondere. «I miei genitori avevano un’attività. Producevano… come si dice… pâtisserie?»

«Pasta? Tipo gli spaghetti?»

«No, tipo i cannoli.»

«Ah, i pasticcini!»

«Esatto! Pasticcini. Mio fratello più grande e io lavoravamo con loro nel negozio. Per ore e ore, sette giorni a settimana, con solo un pomeriggio libero ogni due domeniche. Noi ragazzi odiavamo quel lavoro. Amavamo i libri. Allora mio fratello ha detto che sarebbe rimasto ad aiutarli se io avessi potuto andare a scuola. E che dopo sarebbe toccato a lui. Così io mi sono messo sui libri e lui è rimasto con le mani negli impasti.



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