La lingua che resta by Giorgio Agamben

La lingua che resta by Giorgio Agamben

autore:Giorgio Agamben [Agamben, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2024-07-08T12:00:00+00:00


9. Che cosa cambia se si restituisce al termine «mondo» la sua originaria profondità? Che cosa significa per l’uomo «essere-nel-mondo», se mondo non è semplicemente la totalità degli enti né ciò verso cui l’esserci oltrepassa e trascende se stesso e ogni ente, ma innanzitutto il mundus sotterraneo in cui dobbiamo calarci per ritrovare ogni volta il senso della nostra dimora sulla terra?

Se il luogo originario dell’uomo non è il mondo, ma il mundus, cioè qualcosa di altus ac fundus, che implica una relazione con i morti e col passato, allora temporalità e memoria gli appartengono costitutivamente. E la memoria che è qui in questione non è la facoltà di un soggetto, ma la struttura stessa del suo essere, che lo mantiene in tensione tanto verso l’«alto» che verso il «fondo». Mundus patet significa il modo di questa apertura. Il mondo non apre, infatti, angosciosamente sul vuoto e sul «nulla e in-nessun-luogo», ma è, al contrario, il varco da cui il passato irrompe nel presente e, sospendendo innanzitutto le guerre e le attività ad esse connesse, si mostra improvvisamente alla luce per orientare e decidere le azioni degli uomini. Chi acconsente a discendervi incontra, in una singolare nekyia, ciò che è solitamente «occulto e nascosto» e trae da questo gli auspici per quanto di nuovo il futuro potrà apportargli. Il mondo è innanzitutto una realtà politica, poiché è su di esso e intorno ad esso che la città è stata fondata ed è in esso che ciascuno di coloro che hanno contribuito alla sua fondazione ha deposto una manciata della terra da cui proviene e le primizie di ciò che ritiene necessario e degno di una vita giusta e felice – detto altrimenti, le sue memorie e le sue speranze. Che esso abbia poi la forma di un altissimus puteus, che esso sia in qualche modo un abisso che può essere aperto solo tre volte l’anno, quando i due cieli e i due abissi si toccano e congiungono, ciò mostra quanto sia arduo per gli uomini l’incrocio di speranza e memoria, di ciò che è vivo e di ciò che è morto – della speranza che si nutre della memoria e della memoria che vive della speranza.



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