La parte sbagliata by Davide Coppo

La parte sbagliata by Davide Coppo

autore:Davide Coppo [Coppo, Davide]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2024-04-15T22:00:00+00:00


L’indomani è passato in una manciata di minuti di veglia, troppo pochi per considerarlo davvero vissuto. È stata più una convalescenza: dalle notizie degli avvenimenti appena occorsi, da me stesso. Il giorno ancora successivo, ero lucido come dopo una rinascita.

Ho ricevuto una telefonata dei miei genitori, che ho sbrigato con buonumore e delicatezza in pochi minuti. Non avevo altri messaggi sul cellulare, né chiamate perse. Ne ero, per certi versi, rassicurato: non avevo voglia né intenzione di avere a che fare con Giulio per diversi giorni ancora, per evitare conflitti e lezioni. Per molte ore nella mattina non avevo parlato con nessuno, e il mutismo mi affascinava. Per essere sicuro di non aver perso la voce, a un certo punto, ho cantato un motivetto di parole inventate. Me ne sono vergognato subito.

Mi circondava una calma profonda, alla fine della mattinata ho rassettato i divani per togliere le pieghe, sprimacciato i cuscini, rifatto il letto con precisione, ho raccolto la spazzatura e pulito le tazze utilizzate per il caffè, in un bisogno di ordine che non avevo mai sperimentato in precedenza. Ho pensato: sto facendo i gesti che farebbe mia madre. Ho mangiato pochi biscotti per pranzo, abbastanza per saziare una fame tiepida. Ho guidato il motorino lungo la statale verso Milano con calma, senza mai superare i cinquanta all’ora, fermandomi agli stop, senza sentire troppo caldo. Il pianeta mi sembrava deserto, ancora più di prima. Ho girato a sinistra prima della grande Esselunga di via Lorenteggio, percorso una strada deserta tra concessionari multimarche e cantieri abbandonati, finché non ho visto il capolinea della metropolitana rossa, Bisceglie. Era lì che prendevo la metro quando non utilizzavo il motorino, per andare a scuola. Ogni mattina, alle sette in punto, dopo un’ora di autobus, sospinto in avanti da una fiumana di persone. Mi ricordavano i documentari naturalistici che guardavo sulla tv pubblica quando ero un bambino, le migrazioni degli gnu alla ricerca di acqua potabile. Collegavo quei tragitti, nella memoria, a una sensazione di freddo e inverno. Mi faceva un effetto strano vedere il capolinea della metropolitana in un pomeriggio d’estate, senza la frenesia di autobus e pendolari ad attraversarla. La odiavo ugualmente.

Un’altra svolta a sinistra, ed eccolo in vista, all’improvviso e da lontano. Mi sono avvicinato al carcere minorile con il motorino che andava quasi a passo d’uomo, nel silenzio la marmitta era rumorosa come un aeroplano. Ho spento il motore a qualche decina di metri dall’ingresso, come per mettere tra me e l’edificio una necessaria distanza di sicurezza. Avevo un certo timore, adesso. In realtà la parte immediatamente visibile del carcere, arrivando da quella strada, era quella destinata agli uffici: grandi finestre con le veneziane abbassate, storte e ammaccate come sempre sono le vecchie veneziane, e una sensazione di mobili grigi e odore stantio di sigarette. La prigione vera e propria si vedeva soltanto per un pezzo dietro: era una scatola rosa con diverse finestre piccole chiuse, ma non vedevo bene, da sbarre più scure. Non c’erano altre auto parcheggiate in vista.



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