La principessa di Lampedusa by Ruggero Cappuccio

autore:Ruggero Cappuccio [Cappuccio,Ruggero]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2024-03-19T00:00:00+00:00

20.

Ventitré maggio, il pomeriggio

Alle quattro del pomeriggio, Eugenia entrava a palazzo Lampedusa. Nelle ultime ore la sua mente era stata tenuta sotto assedio dalla storia della principessa. Le immagini dell’eclisse, del bosco, del lupo, della casa nascosta tra i castagni secolari non l’avevano lasciata mai.

Entrando nel salotto rosso trovò un piatto con dentro un nocciolo di albicocca e le posate accuratamente allineate. Sulla mensola del camino c’era un bicchiere d’acqua pieno a metà.

Chiese permesso più volte, ma non ebbe risposta. Si infilò nella fuga delle camere in penombra. Davanti al divano giallo, sul tappeto, c’erano le scarpe di Beatrice una accanto all’altra. Proseguì. Raggiunse la porta del salone da ballo e guardò. Sul pianoforte a coda stava distesa la principessa, indossava un abito color crema. Aveva gli occhi chiusi e sembrava stesse dormendo. Eugenia non l’aveva mai vista con i capelli sciolti né aveva mai potuto ammirare le sue braccia e le caviglie nude e la pelle levigatissima del petto. Beatrice aprì gli occhi e la guardò: “Milleottocentonovanta. È l’abito che indossavo quella notte, quando avevo vent’anni. Strano, mi va ancora a perfezione. L’ho trovato in fondo a un armadio. Ci ho spruzzato su un bel po’ di profumo per mandare via il sentore di chiuso. Non mi chieda la ragione. Ogni tanto dobbiamo fare cose di cui non siamo in grado di spiegarci il perché. Non è nostalgia. E nemmeno regressione. È una seduta spiritica per dialogare intimamente con i fantasmi”.

“Principessa, è bellissima.”

“Mi aiutano la penombra, il vestito e la sua gentilezza. Visto che è qui, sieda al pianoforte. Da ragazzina facevo un gioco con mio fratello Alessandro. Gli chiedevo di mettersi davanti alla tastiera; io mi stendevo come mi vede adesso e lui suonava delle note solitarie. La mia preferita era il Fa. Il Fa grave. Tocchi il tasto, per favore. Il tredicesimo da sinistra. Quello bianco, ovviamente.”

Eugenia eseguì.

“Prema il pedale destro. Ripeta la nota. Brava, così. Ancora. Il suono mi attraversa il corpo. È una sensazione molto bella. Ora tocchi il tasto successivo: il Sol. Così. Adesso tutti e due: Fa e Sol. Lasci che il suono si spenga e ricominci.” E poi, all’improvviso: “Come mai è qui a quest’ora?”.

“Mio padre e mia madre sono usciti di nuovo. Mio fratello dice che stanno comprando un terreno molto grande a Mondello.”

“Naturalmente, in società con l’ingegner Guerrera.”

“Credo proprio di sì.”

“I vampiri lavorano.”

“Francesco dice che i proprietari hanno bisogno di liquidità e vendono a un prezzo ridicolo.”

“È un film che ho visto molte volte.”

“Principessa...”

“Sì?”

“Io sono rimasta davanti a quella casa.”

“La casa... Sì... Non smetta di suonare... Vedevo l’ombra di qualcuno ingrandirsi sulla parete dell’ultima stanza a destra. A tratti si rimpiccioliva. Scorreva sul muro rapidamente e spariva. Trascorse qualche minuto. Oppure ne trascorsero molti. Il tempo continuava a sfuggirmi. O forse ero io che stavo sfuggendo al tempo. Qualcuno, dall’interno della casa, apparve sull’uscio. Aveva in mano una candela. La fiammella gli rischiarava il volto. Era un uomo alto. Al primo sguardo avrei detto che poteva avere tra i quaranta e i quarantacinque anni.

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