La Resistenza perfetta by Giovanni De Luna
autore:Giovanni De Luna [De Luna, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858826096
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2016-09-11T22:00:00+00:00
L’estate delle zone libere
Tra la primavera e l’estate del 1944 la situazione bellica andò evolvendosi favorevolmente con la travolgente avanzata alleata in Italia (Roma fu liberata il 4 giugno) e l’apertura del “secondo fronte” in Normandia (il 6 giugno). In montagna affluirono nuove reclute, spinte non solo dal consueto tentativo di sottrarsi ai bandi di arruolamento nelle fila di Salò (l’ultimo in ordine di tempo scadeva il 25 maggio) ma anche dall’esaltante prospettiva di una vittoria imminente. Le bande potevano contare allora su circa 70-80.000 uomini. Pur nella generale e riconosciuta incertezza che caratterizza le cifre sugli effettivi di un esercito fortemente dinamico e irregolare come quello partigiano, si può concordare con Guido Quazza che parlò di 9-10.000 combattenti nel dicembre 1943, 20-30.000 nel febbraio-marzo 1944, 70-80.000 uomini, appunto, nell’estate del 1944, 120-130.000 nei giorni immediatamente precedenti alla Liberazione, 250.000 all’indomani del 25 aprile 1945, dei quali “150.000, colorita e non sempre utile retroguardia”.22 Sono cifre che testimoniano un ordine di grandezza che, per quanto di dubbia esattezza statistica, tuttavia certificano l’andamento oscillante della lotta armata, con i rigonfiamenti e gli assottigliamenti delle bande che seguivano puntualmente le varie “fasi” attraversate dal movimento partigiano. Il passaggio dai 10.000 uomini della fine del 1943 agli 80.000 della primavera-estate 1944 era comunque un incremento notevole che comportò nuove significative scelte sul piano organizzativo.
Alla maturità della Resistenza si legano, infatti, anche il processo di unificazione tra le varie formazioni di partito (il 9 giugno 1944, con l’adesione di tutte le formazioni partigiane, nacque il Corpo volontari della libertà, l’organismo garante dell’unità della lotta) e il varo di grandi unità partigiane pronte per azioni su vasta scala. La trasformazione delle bande in brigate o in divisioni segnala – anche terminologicamente – il momento in cui il modello italiano di guerra partigiana si dispiega in tutta la sua efficacia, avvicinandosi di più all’esempio jugoslavo prima richiamato e accarezzando il progetto ambizioso di impegnare l’esercito nemico in tutte le retrovie del suo fronte, dalle estreme propaggini della Valle padana fino alla Liguria. “È assolutamente necessario,” affermava il Comando generale delle Garibaldi, il 5 luglio 1944, “che non si attenda l’arrivo degli Alleati per passare all’azione. Dobbiamo accelerare la ritirata e la disfatta dei tedeschi. [...] Le unità di manovra debbono essere costituite da tutti gli elementi scelti e volontari, con un ottimo addestramento militare, in grado di colpire il nemico ovunque, con rapide puntate offensive, anche lontano dalle basi partigiane.”23 E una circolare del Cvl del 26 giugno sanciva il passaggio della lotta “dalla fase della guerriglia alla lotta di liberazione di vasti territori”.24 Fu in questo contesto che, proprio nell’estate del 1944, si registrò il diffondersi delle “zone libere”.
Affermatesi in Liguria, Piemonte, nell’Ossola, nell’Oltrepò pavese, in Emilia, in Carnia, nel Friuli orientale, le “repubbliche partigiane” effettivamente censite furono 18 e durarono da un minimo di tre settimane a un massimo di tre mesi25; al loro successo concorse l’andamento della guerra (l’offensiva angloamericana che dopo la liberazione di Roma sembrava procedere inarrestabile verso il Nord), ma soprattutto la ritrovata efficienza delle bande e l’ingrossamento dei loro reparti.
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