La sposa e la vendetta by Carey Jacqueline

La sposa e la vendetta by Carey Jacqueline

autore:Carey, Jacqueline [Carey, Jacqueline]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Ro
ISBN: 9788842917571
Google: zE94FkSpxTMC
Amazon: 8850228465
editore: Nord
pubblicato: 2011-02-16T23:00:00+00:00


Capitolo 21

Solitario viandante appiedato, m’incamminai verso Tarkov.

Nel primo giorno di viaggio la strada che mi aveva indicato Ethan – poco più di una carrareccia, in realtà – seguì la riva del fiume Ulsk.

In quella zona ebbi almeno la soddisfazione di vedere altra gente.

Ma il secondo giorno deviò verso est, in una fitta foresta di pini.

Per l’intera giornata andai avanti senza vedere anima viva, camminando di continuo. Gli stivali, quelli ormai malconci salvati dal naufragio, mi facevano male ai piedi. Le cicatrici mi dolevano per lo sforzo di portare le due borse da sella. Ogni tanto dovevo cambiare spalla, durante la marcia. Ma l’aria era fredda al punto che il mio fiato si condensava in una spessa nuvoletta bianca, perciò solo il continuo movimento mi scaldava.

Quella sera mi accampai sotto le chiome dei pini. Avvolto nella coperta sedetti davanti al focherello che avevo acceso. Mangiai carne salata e bevvi dalla borraccia. Nel sottobosco due occhi giallastri riflettevano la luce. Un tasso? Una volpe? Una lince? Scagliai un ramo da quella parte. Gli occhi scomparvero.

Sapevo che una bufera di neve avrebbe potuto uccidermi.

Scacciai quel pensiero.

Tirai fuori da una borsa il flauto di Hugues. Era una cosa sciocca, forse, quando avrei fatto meglio a costruirmi un riparo. Inoltre non ero mai stato dell’umore giusto per suonarlo, dopo la morte di Dorelei. Mi chiesi se l’immersione nell’acqua salata lo avesse rovinato irreparabilmente; ma i miei bagagli erano stati tra i primi a essere recuperati. Quando mi portai lo strumento alle labbra e soffiai, le note ne uscirono pulite e melodiose come sempre.

Suonai senza pensare a niente, ritornelli di vecchie canzoni o inventati lì per lì, lasciando vagabondare i miei pensieri. Berlik, che aveva salvato un ragazzino. La giustizia. La pietà. Il pentimento. Gli albani che avevano lasciato la famiglia a Clunderry per seguirmi, uccisi in quell’impresa. Ne valeva la pena? Le mie dita passavano da un foro all’altro. L’ultima volta che avevo suonato da solo in un luogo selvatico ero un guardiano di capre. Senza pensarci eseguii il ritornello allegro che tutti i bambini del santuario conoscevano, la canzoncina della capretta bruna.

Dorelei che rideva.

Dorelei stesa su un tavolo, con gli occhi spenti.

«Sì», mormorai, abbassando il flauto. «Ne vale la pena.»

Avvolto nella coperta, più tardi, trovai subito il sonno. Poco dopo l’alba mi svegliai irrigidito dal freddo. Sul terreno c’era uno strato di brina, ma tra la cenere del fuoco rosseggiavano ancora alcune braci. Le ravvivai soffiandoci sopra, mi scaldai le mani e mangiai una galletta. Poi misi le mie cose nelle borse da sella e ripresi il cammino.

Fu solo al quarto giorno di viaggio che giunsi a Tarkov, camminando a fatica per il dolore ai piedi. Cominciavo a preoccuparmi per la mancanza d’acqua, e fu un vero sollievo quando uscii dalla foresta e vidi i campi ben curati che si aprivano intorno a un paese di dimensioni abbastanza grosse, circondato da un’alta palizzata di tronchi.

Mentre mi avvicinavo al cancello, animato da un’energia nuova, pensavo meno alla vendetta che al bagno ristoratore e al pasto caldo che avrei potuto trovare lì.



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