La taverna degli assassini by Marcello Simoni

La taverna degli assassini by Marcello Simoni

autore:Marcello Simoni
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2023-10-11T16:43:52+00:00


Parte terza

La vite maritata

19

«È Jacopo, il mastro bottigliere», disse Calendimarca.

«Il domestico che mi ha versato il vino avvelenato nel bicchiere», rammentò Vitale, mentre si chinava sul cadavere per studiarlo da vicino.

La ferita al torace era ancora fresca. Una pugnalata diretta al cuore, fra le costole, aveva lacerato il velluto e la carne, facendo riversare sul fianco sinistro del corpo e sul pavimento una copiosa quantità di sangue.

«Chiunque sia il responsabile dell’aggressione», fu la sua prima osservazione, «doveva trattarsi di una vecchia conoscenza della vittima».

Il barone lo scrutò perplesso. «Come fate a dirlo?»

«Permettereste a un estraneo di avvicinarsi così tanto da piantarvi una lama nel petto senza che voi tentiate di reagire?»

«Ma…».

Vitale sollevò la lanterna, illuminando le pareti occupate da pile di botti e madie stipate di bottiglie. Poco lontano, riposava un tino dal fondo incrostato di tartaro bruno rossastro. «Non scorgo alcun segno di colluttazione», dichiarò. «Inoltre, vostra grazia, prestate attenzione a mastro Jacopo. Mani e avambracci non presentano ferite. La livrea è intatta. Colletto, farsetto e casacca non sono minimamente spiegazzati. Solo la perforazione dell’affondo. Capite? Quest’uomo non ha avuto nemmeno il tempo di pensare alla fuga o di lottare per difendersi».

«Pugnalato a tradimento», tirò le somme il nobiluomo, emettendo un lugubre sospiro. «Mi domando perché».

«Bernardo mi ha detto che l’avevate rinchiuso nelle segrete e interrogato di persona», replicò Vitale, mentre si alzava in piedi per esaminare con maggior perizia l’ambiente circostante.

«Sì», confermò il nobiluomo. «Del resto, era stato lui a versarvi il vino con la cicuta. Come potevo lasciarlo libero di muoversi per il castello, senza prima aver appurato la sua innocenza?»

«E l’avete appurata?».

Calendimarca diresse un’occhiata piena di compassione verso il cadavere. «Quel povero diavolo non sapeva nulla, ve l’assicuro».

«Vi siete fidato della sua parola?»

«Non solo di quella, naturalmente. Lo conoscevo da anni, era un burlone dall’animo gentile. Inoltre, non aveva i mezzi e le conoscenze adatte per procurarsi la cicuta».

«Potrebbe sempre essergli stata data da qualcun altro», obiettò Vitale. «Magari, dalla stessa persona che l’ha ucciso per sincerarsi di non essere scoperta».

«Sospettate già di qualcuno?», fremette il nobiluomo.

«Fatemi capire…», eluse la domanda il giovane maestro, senza smettere di ispezionare al bagliore dorato della lanterna ogni angolo della stanza. «Se ho ben inteso, in seguito al mio avvelenamento avevate fatto rinchiudere mastro Jacopo nelle segrete».

«È andata proprio così».

«E da quanto tempo gli avreste concesso di lasciare le segrete?»

«In verità da mai», rivelò il barone.

«Perciò qualcuno l’ha liberato allo scopo di attirarlo fin qui».

«Presumibilmente».

Con un guizzo inaspettato, Vitale gli puntò la luce in faccia. «Quando siete comparso davanti a me e a Lucrezia», sentenziò, «stavate brandendo la spada».

Calendimarca si accigliò. «E allora? Ve l’ho detto, era per i topi!».

«Potrei controllarla?»

«Non oserete insinuare…».

Il precettore gli mostrò il palmo della mano libera. «Ho il vostro permesso?».

Il barone sguainò la lama e la espose con sdegno al vampeggiare della fiamma.

La punta e il tagliente erano lucidi, privi di aloni e di chiazze.

«A quanto pare», celiò Vitale, soddisfatto, «non avete infilzato nemmeno un topo, questa sera».

«Potrei essere ancora in tempo», rispose a tono Calendimarca, per poi rinfoderare l’arma.



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