La via dei lupi by Carlo Grande

La via dei lupi by Carlo Grande

autore:Carlo Grande [Grande, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General, ebook
ISBN: 9788862208895
Google: dczfr_qQH1UC
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2013-07-16T22:00:00+00:00


CAPITOLO VII

Quando la spada è spezzata bisogna attaccare con le mani. Quando le mani sono amputate è necessario servirsi delle spalle. Quando le spalle sono ferite, bisogna mordere il collo di dieci e persino quindici avversari. Ecco cos’è il coraggio.

Yamamoto Tsunetomo, Hagakure

12 luglio 1332, verso Pisançon

Il livore del Delfino brillava negli occhi di un ufficiale, che con altri due uomini scortava François. Lo sguardo dell’uomo mostrava quanto l’odio può arrivare lontano. Può riflettersi, come i messaggi nella rete di specchi che unisce i castelli e le torri, e germogliare nella mente dei poveri di spirito, capaci solo di obbedire.

L’ufficiale aveva il pizzo ben curato e trottava su un cavallo di razza. Lungo la salita verso il Monginevro si accostò nel buio a un compagno, vicino al carro dov’era rinchiuso François, una solida gabbia di legno circondata sui lati da una tela che nascondeva il prigioniero alla vista degli altri e gli mostrava solo un riquadro di cielo.

L’uomo dischiuse la bocca e mostrò i denti gialli. La sua apparenza elegante si dissolse: «Corre voce» sibilò, «che la figlia di costui sia la femmina più calda del Brianzonese».

Continuarono a parlare di femmine, ma il signore di Bardonecchia riuscì appena a cogliere qualche brandello di conversazione. La bocca impastatata dalla notte, avvertiva il sangue ronzargli nella testa, l’aria gelida del valico gli pizzicava la faccia. Piegò le ginocchia sul petto, come un animale nella tana, e cercò in se stesso un po’ di calore.

Viaggiarono senza sosta. I sobbalzi e il rumore delle ruote ferrate accompagnarono François tutta la notte, rivelandogli la natura dei luoghi che attraversava. Il rumore secco e irregolare delle pietre di montagna lasciò il posto al monotono scorrere dei cerchioni sulle strade di fondovalle e delle colline. Attraversando i villaggi il rollio sull’acciottolato diventava più acuto.

Ora, sul terreno compatto della campagna, l’andatura si era fatta regolare, il rumore delle ruote sordo e lamentoso.

Nel riquadro di cielo sopra François apparve il sole, e lui riaprì gli occhi. C’era una piccola fessura in un rattoppo della tela. Si trascinò in quel punto e guardò fuori. Le montagne erano scomparse. Stava attraversando una regione sconosciuta.

Quanta strada avevano percorso? Abbastanza per allontanarlo dalle sue terre e dai suoi seguaci. Tornò a sdraiarsi. Il carretto cominciò a sobbalzare, l’inclinazione lo spinse verso il fondo della gabbia. La strada scendeva in un aspro sterrato. Anche la sua vita aveva imboccato una china sempre più ripida.

François si affidò ancora ai suoi sensi dilatati. Svaniti i richiami delle poiane e delle ghiandaie, ora il signore di Bardonecchia udiva soltanto i versi delle cornacchie e quelli più gracili degli uccelli minuti, che volano sui campi di grano.

Guardò in alto lo scorrere delle nuvole, e i rami sulle chiome degli alberi più alti. Spiò ancora dalla fessura e vide una lunga fila di contadini che lavoravano in un campo. Vicino a loro, sotto il sole battente, c’era un signore appoggiato a un grosso bastone, con in pugno la sottile verga del comando. I lavoranti erano curvi tra le spighe, in brache e camicia, sincronizzati dal ritmo affannoso della falce.



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