La vita delle cose (2014) by Remo Bodei

La vita delle cose (2014) by Remo Bodei

autore:Remo Bodei [Bodei, Remo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2015-09-15T22:00:00+00:00


Sensi di colpa

Di fronte all’accumulo di oggetti acquistati di cui ci si libera rapidamente, molti, in Occidente, sono assaliti da sensi di colpa per l’eccessivo consumo di merci e da disgusto per la loro volgare ostentazione. Scatta così periodicamente il desiderio di «liberare la nostra vita dal grasso superfluo»: un proposito fiacco, che serve ad alleviare la nostra cattiva coscienza solo per qualche istante. Più efficace, da parte del consumatore, è ritenuto l’obiettivo di «costruire un universo intellegibile con i beni che sceglie» [Douglas-Isherwood, 5, 73], concepiti come parte della cultura materiale e fattori integranti della propria identità. La recente tendenza della sociologia e dell’economia è, del resto, quella di sminuire gli effetti negativi del consumismo, di non considerare più, ad esempio, il cliente come individuo passivo ed eterodiretto, vittima della pubblicità, bensì come soggetto attivo, che, con le sue scelte, assegna valore al mondo in cui vive [cfr. Dagognet; Sassatelli].

In realtà, l’acquisto e il consumo smodato di merci sembra spesso obbedire, più che a libere scelte, all’adattamento di molti individui al criterio del fare di necessità virtù, all’oscura consapevolezza che i loro ideali di felicità passano attraverso le forche caudine di percorsi socialmente ammessi e permessi e perfino piacevoli. In Les choses Georges Perec ha però mostrato come le piccole e momentanee dosi di felicità che si riescono a strappare aderendo ai valori dominanti nella società dei consumi si pagano con l’impoverimento e la superficialità dei rapporti umani, come accade ai protagonisti del romanzo, Jérôme e Silvie, una volta raggiunto l’agognato benessere [cfr. Perec, 128-132]. L’esaltazione delle merci quali veicoli di felicità comporta, paradossalmente, la loro svalutazione, perché le rende funzionali non alle effettive motivazioni delle singole persone, ma a un estrinseco ordine sociale, alla «coltivazione del ‘gusto’, mirato però non più alla rivelazione di una individualità, bensì alla comunicazione della fascia sociale di appartenenza» [Vitta, 337].

La gara per conformarsi a modelli sociali di vera o presunta eccellenza è sempre esistita e Simmel ne ha ampiamente trattato a proposito della moda [cfr. Simmel 1985 (2)], un fenomeno sfuggente, nella sua «banalità misteriosa», perché non corrisponde a esigenze di bellezza, di utilità o di comodità [E. Esposito]. La sua efficacia dipende dall’intreccio di due paradossi. Il primo è di natura temporale, perché il tempo si mostra sia nell’atto di divorare e squalificare le sue fasi appena trascorse, sia nella propria capacità di rigenerarsi, di rinascere rinnovato a ogni istante. Il secondo è di carattere sociale, perché ognuno vuol essere originale, pur finendo per essere uguale agli altri (questo a causa della crescente imitazione di un modello che spinge chi vuole distinguersi a ulteriori innovazioni, promuovendo una instancabile dialettica). In base al primo paradosso, la moda prevale su ciò che dura e su ciò cui viene attribuito intrinseco significato. In base al secondo, ciascuno ritiene di conservare nell’imitazione la propria identità: vuole segnalare l’appartenenza a un determinato gruppo, ma senza identificarvisi completamente. La pretesa di autenticità si interseca con l’artificio e la sincerità si fonde con la simulazione e la dissimulazione.



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