L'aggressione russa by Jonathan Littell

L'aggressione russa by Jonathan Littell

autore:Jonathan Littell [Littell, Jonathan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-09-07T12:00:00+00:00


Poker bugiardo

Come un pessimo giocatore di poker che, sul punto di perdere tutto, raddoppia freneticamente la posta nella folle speranza che gli altri giocatori finiranno per abbandonare la partita, il 21 settembre Vladimir Putin ha messo sul piatto i suoi ultimi gettoni: mobilitazione «parziale» dei russi in età per combattere, «referendum» nei territori occupati, seguiti da un’annessione formale, minaccia nucleare − un «all in», per riprendere il termine usato da Margarita Simonyan, direttrice del canale televisivo Russia Today, uno dei falchi del regime.

Finora questo bluff gli è riuscito. Ogni volta che «l’Occidente collettivo», come lo chiama lui, mugugnava di fronte ai suoi colpi di mano – annessione della Crimea e occupazione del Donbass nel 2014, massiccio intervento in Siria nel 2015, intervento dei mercenari della Wagner nella Repubblica Centrafricana, in Libia e in Mali – Putin rilanciava, e i nostri governanti, disorientati da tanta audacia, mollavano, dopo vaghe proteste o sanzioni di poco conto, e soprattutto continuavano a rimpinzarsi allegramente del suo gas e del suo petrolio, finanziando cosí in modo diretto le campagne di destabilizzazione contro se stessi. Ma a Putin manca la principale qualità del bravo giocatore di poker: saper valutare l’avversario, decifrarlo. Incapace persino di comprendere gli spiriti liberi del proprio Paese, non ha mai capito niente degli occidentali che odia e disprezza. Cosí non ha mai capito che nonostante tutti i nostri compromessi, tutte le nostre rinunce, avevamo anche noi dei limiti, superati i quali non ci sarebbe piú stata alcuna possibilità di tornare indietro. Con l’invasione dell’Ucraina, il 24 febbraio, questo limite è stato superato. Oggi, nemmeno la minaccia nucleare basterà a costringerci a lavarci le mani dell’Ucraina, a tal punto la Russia è percepita, ora, come una minaccia per l’esistenza stessa dell’ordine mondiale post 1945 nel suo complesso.

La mobilitazione decretata da Putin va relativizzata, e gli ucraini hanno ragione a non preoccuparsene troppo. Gli uomini arruolati forzosamente saranno poco e male addestrati, dotati di un equipaggiamento di seconda scelta, proveniente da vecchi stock, quando non dovranno comprarselo da sé, e saranno dispiegati rapidamente a prezzo di qualunque efficacia. Nella migliore delle ipotesi tapperanno qualche buco della difesa russa, ma non saranno di alcuna utilità per un’offensiva. Come ha dichiarato il 22 settembre Volodymyr Zelensky, parlando in russo per rivolgersi direttamente ai nuovi arruolati e alle loro famiglie: «Potete protestare, ribellarvi, fuggire, o arrendervi alle forze ucraine. Ecco le vostre opzioni per sopravvivere». Per Putin, invece, la mobilitazione ha già un costo politico importante, il che spiega perché abbia procrastinato il piú possibile questo momento, nonostante la massiccia pressione dell’esercito e degli ambienti nazionalisti. Centinaia di migliaia di uomini fuggono dal Paese con ogni mezzo, e per gli altri, quelli attualmente strappati alle loro famiglie per essere usati come carne da cannone, il regime e la sua guerra appaiono già adesso in una nuova luce. I vatniki, per riprendere il termine in uso in Ucraina, cioè la massa della popolazione che viveva avvolta nella spessa apatia creata dalla propaganda putiniana come in un confortevole cappotto imbottito, si ritrovano di colpo nudi, e fa freddo.



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