L'Aleph by Jorge Luis Borges

L'Aleph by Jorge Luis Borges

autore:Jorge Luis Borges
La lingua: ita
Format: azw3, epub
Tags: Fiction, Short Stories (single author), General
ISBN: 9788845914201
editore: Adelphi
pubblicato: 1998-02-14T23:00:00+00:00


LA SCRITTURA DEL DIO

A Ema Risso Platero

II carcere è profondo e di pietra; la sua forma, quella di un emisfero quasi perfetto, perché il pavi-mento (anch'esso di pietra) è un po' minore di un cerchio massimo, il che aggrava in qualche modo i sentimenti di oppressione e di vastità. Un muro lo taglia a metà; esso, benché sia altissimo, non tocca la volta. Da un lato sto io, Tzinacàn, mago della piramide di Qaholom, che Pedro de Alvarado incen-diò; dall'altro è un giaguaro, che misura con segreti passi uguali il tempo e lo spazio della prigione. Al livello del suolo, una lunga finestra munita di spran-ghe taglia il muro centrale. Nell'ora senz'ombra, si apre in alto una botola e un carceriere logorato da-gli anni manovra una puleggia di ferro e ci cala, mediante una corda, brocche d'acqua e pezzi di car-ne. La luce entra dalla volta; in quell'istante posso vedere il giaguaro.

Ho perduto il conto degli anni che giaccio nelle tenebre; io, che una volta ero giovane e potevo cam-minare per questa prigione, non faccio altro che aspettare, nella posizione della mia morte, la fine che mi destinano gli dèi. Con il profondo coltello di pietra ho aperto il petto delle vittime, e ora non po-trei, se non per magia, alzarmi dalla polvere.

Il giorno prima dell'incendio della Piramide, gli uomini che erano scesi da alti cavalli mi torturarono con ferri ardenti perché rivelassi il luogo dov'era nascosto il tesoro. Abbatterono, davanti ai miei oc-chi, l'immagine del dio, ma questi non mi abbandonò e io rimasi silenzioso fra i tormenti. Mi lacera-rono, mi spezzarono, mi deformarono, e infine rin-venni in questo carcere, che non lascerò più nella mia vita mortale.

Spinto dalla necessità di far qualcosa, di popolare in qualche modo il tempo, volli ricordare, nella mia ombra, tutto quel che sapevo. Notti intere consumai a ricordare l'ordine e il numero di certi serpenti di pietra o la forma di un albero medicinale. Così an-dai debellando gli anni, così rientrai in possesso di quanto era già mio. Una notte sentii che mi avvicinavo a un ricordo prezioso; prima di vedere il ma-re, il viaggiatore avverte un'agitazione nel sangue. Ore più tardi, cominciai ad avvistare il ricordo; era una delle tradizioni del dio. Questi, prevedendo che alla fine dei tempi sarebbero occorse molte sventure e rovine, scrisse nel primo giorno della Creazione una sentenza magica, atta a scongiurare quei mali. La scrisse in modo che giungesse alle più remote generazioni e che non la toccasse il caso. Nessuno sa in quale punto l'abbia scritta né con quali caratteri, ma ci consta che perdura, segreta, e che la leggerà un eletto. Considerai che eravamo, come sempre, al-la fine dei tempi e che il mio destino di ultimo sa-cerdote del dio mi riserbava il privilegio di decifrare quella scrittura. Il fatto che un carcere mi circon-dasse non mi vietava tale speranza; forse io avevo visto migliaia di volte l'iscrizione di Qaholom e non dovevo che capirla.

Questa riflessione mi animò e poi mi dette una specie di vertigine.



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