L'architettrice by Melania G. Mazzucco

L'architettrice by Melania G. Mazzucco

autore:Melania G. Mazzucco [Mazzucco, Melania G.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2019-11-30T23:00:00+00:00


Intermezzo

«Les italiens ne se battent pas!»

(Roma, giugno 1849)

Lo squillo delle trombe lo sveglia di soprassalto nel cuore della notte del 3 giugno. Leone, che aveva avuto il sabato di riposo, dorme beatamente nella caserma Sora, a Monte Citorio. Il generale francese Oudinot ha fatto sapere che denuncia l’armistizio e che attaccherà lunedí 4 giugno. Dunque Leone si è spogliato con sollievo degli abiti che non ha ancora avuto il tempo di far pulire e che cominciano a emanare un odore selvatico, li ha piegati con cura, si è sdraiato sul saccone e ha spento la lampada convinto di approfittare dell’ultima notte di pace – e poi ha ronfato per ore, indifferente al solletico dei fili di paglia che spuntano dall’imbottitura logora, al crescente trambusto, al trapestio di passi, alle voci via via piú eccitate, perfino al rombo del cannone. Intontito dal sonno, fatica a capire quel che urla il fido Varesi, sconvolto. E poiché lui non reagisce lo scuote per un braccio, sbatacchiandolo come un pupazzo.

I francesi hanno attaccato a tradimento alle due di notte, prima della scadenza dell’ultimatum. Hanno attaccato con due colonne di diecimila uomini dove erano attesi, sugli avamposti della linea difensiva. A villa Pamphilj le sentinelle del battaglione Melara dormivano o non erano nemmeno al loro posto. Le hanno travolte e sopraffatte in pochi minuti. Villa Pamphilj, villa Valentini e il casino dei Quattro Venti sono caduti. L’ordine a tutti i soldati della legione Medici è di radunarsi al piú presto e salire a porta San Pancrazio per supportare la resistenza e andare al contrattacco. Ma bisogna fare in fretta, o tutto sarà perduto.

Leone salta nei calzoni, infila gli stivali, cerca di recuperare la cartuccera coi proiettili. Dove l’ha messa? Nemmeno per un istante gli viene la tentazione di disubbidire. Non ha il tempo di pensare, e non pensa. Capirà solo piú tardi che l’eroismo non è una scelta. Si agisce come si è. Solo mentre si calca in testa il berretto della divisa gli attraversa la mente un vago ricordo di suo padre. A differenza di quelli degli altri, non lo biasima perché si trova a Roma. Anche Giovanni Paladini ha combattuto contro la reazione in nome della libertà. Ha ricevuto da Napoleone la croce di ferro di Wagram. Poi ha sacrificato i suoi ideali in cambio dell’utile o della famiglia – il che in fondo è la stessa cosa –, è diventato un ligio impiegato della burocrazia austriaca. Non vorrebbe vedere il figlio prigioniero o sconfitto.

Ma gli altri sono piú lenti, o piú riluttanti. Ci vuole piú di mezz’ora prima che i soldati si mettano in marcia, e altrettanto finché riescono a trovare, nel dedalo dei vicoli di una città che non hanno ancora imparato a conoscere, la strada per ponte Sisto, e non di meno per risalire l’erta che conduce al Gianicolo, e sono già le quattro e mezzo del mattino, la notte è meno scura e il tuono del cannone è diventato assordante quando raggiungono porta San Pancrazio.

Li dispongono lungo le mura e li impegnano a sistemare sacchetti di sabbia nelle feritoie.



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