L'arte contemporanea in 10 artisti by Giuseppe Nifos;

L'arte contemporanea in 10 artisti by Giuseppe Nifos;

autore:Giuseppe Nifos; [Nifos;, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
ISBN: 9788858150177
editore: edigita
pubblicato: 2022-11-15T00:00:00+00:00


Le frontiere della solitudine

La biografia di Edward Hopper, così priva di cambiamenti improvvisi, spostamenti geografici, crolli psicologici, colpi di scena, esiti drammatici, non aiuta la critica a individuare, per la sua carriera, fasi fortemente caratterizzate. L’evoluzione artistica di questo pittore si compì senza ripensamenti, cambi di rotta o di indirizzo, mutamenti di ricerca. Ciò invoglia ad analizzare il suo lavoro ignorando la sequenza cronologica e individuando alcune questioni ricorrenti, che peraltro si traducono in iconografie piuttosto costanti. Anche lo stile di Hopper rimase sostanzialmente coerente e uniforme, sin dalla metà degli anni Venti: immagini nitide con poche sfumature, profili netti, colori chiari nelle parti in luce e toni intensamente scuri nelle zone d’ombra e nei notturni. Le composizioni, i tagli fotografici, il gioco sofisticato delle luci, la parsimonia dei dettagli hanno sempre qualcosa di “cinematografico”, e non è un caso che molti registi si siano ispirati proprio a Hopper nel creare certe loro scene. Una pittura semplice, verrebbe da dire, non pretenziosa, ma proprio per questo non respingente e immediatamente comunicativa. Hopper piace a tutti perché non gira intorno alle questioni, si comprende bene quello che vuole esprimere e ciò che dice risulta sempre affascinante.

È stato definito, e in parte giustamente, il pittore della nostalgia e della solitudine. In effetti, i suoi personaggi sono spesso mostrati da soli e in silenzio; quando sono più di uno, difficilmente comunicano fra di loro. Abulici o malinconici, inquieti, sempre e comunque immersi in un silenzio che non rassicura, restano concentrati nella lettura, hanno lo sguardo perso nel vuoto oppure guardano fuori dalla finestra, verso un altrove che non riusciamo a riconoscere.

Se lo sono [solitari] non è per niente qualcosa di conscio. Probabilmente sono un uomo solo. E anche la nostalgia non è voluta. La gente trova qualcosa nel tuo lavoro, la traduce in parole e poi va avanti per sempre. Del resto, perché non dovrebbe esserci nostalgia nell’arte? Io non ho temi voluti consciamente. [...] Ogni interpretazione psicologica dovrà essere aggiunta dall’osservatore. [...] Sai, le idee e le spinte che ti portano a dipingere sono tante, non ce n’è solo una. La luce è un’importante risorsa espressiva per me, ma non in modo così conscio. È il mio modo naturale di esprimermi.

Autentica icona di solitudine hopperiana è Sunday (Domenica), del 1926: un uomo se ne sta seduto con le braccia conserte, solitario e assorto, sul marciapiede di una strada deserta. Il suo sguardo perso nel vuoto sembra voler ignorare la realtà che lo circonda, che peraltro non è affatto invitante: le vetrine alle sue spalle sono, infatti, incongruamente vuote.

In Automat (Tavola calda), del 1927, una giovane donna è seduta al tavolino rotondo di un locale pubblico, vicino all’ingresso e davanti a una grande vetrata. Gli automat, in America, non erano delle vere e proprie tavole calde, ma locali dove alimenti e bevande venivano forniti dai distributori automatici, dunque senza personale di servizio e camerieri. Insomma, era possibile non incontrarvi anima viva, e questo è il caso del dipinto. La ragazza, ben vestita, con



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