L'eternità viene dagli astri by Auguste Blanqui

L'eternità viene dagli astri by Auguste Blanqui

autore:Auguste Blanqui [Blanqui, Auguste]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-11-06T23:00:00+00:00


VIII

RIASSUNTO

L’intero universo è composto di sistemi stellari. Per crearli, la natura ha a sua disposizione solo cento corpi semplici. Nonostante il profitto straordinario che sa trarre da queste risorse e la quantità incalcolabile di combinazioni che esse consentono alla sua fecondità, il risultato è necessariamente un numero finito, come quello degli elementi medesimi, e per riempire lo spazio la natura deve ripetere all’infinito ciascuna delle sue combinazioni originali o tipo.

Ogni astro, qualunque esso sia, esiste dunque in numero infinito nel tempo e nello spazio, non soltanto sotto uno dei suoi aspetti, ma quale si trova in ognuno degli istanti della sua vita, dalla nascita sino alla morte. Tutti gli esseri distribuiti sulla sua superficie, grandi o piccoli, viventi o inanimati, condividono il privilegio di questa perennità.

La terra è uno di questi astri. Ogni essere umano è dunque eterno in ogni secondo della sua esistenza. Ciò che sto scrivendo in questo momento in una cella del Fort du Taureau l’ho scritto e lo scriverò per l’eternità, su di un tavolo, con una penna, degli abiti addosso, in circostanze del tutto analoghe. Questo vale per chiunque.

Tutte queste terre sprofondano, l’una dopo l’altra, nelle fiamme rinnovatrici, per rinascerne e ripiombarvi ancora, monotono fluire d’una clessidra che da sola si capovolge e si svuota eternamente. È un nuovo sempre vecchio, e un vecchio sempre nuovo.

I curiosi della vita ultraterrestre, tuttavia, sorrideranno forse d’una conclusione matematica che concede loro non solo l’immortalità, ma l’eternità. Il numero dei nostri sosia è infinito nel tempo e nello spazio. In coscienza, non si può esigere di più. Questi sosia sono in carne e ossa, ovverosia in pantaloni e paletot, in crinolina e chignon. Qui non si tratta di fantasmi, è attualità eternata.

Ecco tuttavia un grande difetto: non vi è progresso. Ahimè, no! sono volgari riedizioni, ripetizioni. Tali gli esemplari dei mondi passati, tali quelli dei mondi futuri. Soltanto il capitolo delle biforcazioni rimane aperto alla speranza. Non dimentichiamo che tutto ciò che avremmo potuto essere quaggiù lo siamo da qualche parte altrove.

Il progresso, quaggiù, è solo per i nostri nipoti. Essi hanno più fortuna di noi. Tutte le belle cose che vedrà il nostro globo, i nostri futuri discendenti le hanno già viste, le vedono in questo momento e le vedranno sempre, naturalmente sotto forma di sosia che li hanno preceduti e che li seguiranno. Figli di una umanità migliore, ci hanno già ben derisi e scherniti sulle terre morte, passandovi dopo di noi; continuano a fustigarci sulle terre vive da cui siamo scomparsi, e ci perseguiteranno per sempre col loro disprezzo sulle terre che nasceranno.

Loro e noi, e tutti gli ospiti del nostro pianeta, rinasciamo prigionieri del momento e del luogo che i destini ci assegnano nella serie delle sue trasformazioni. La nostra perennità è un’appendice della sua. Noi siamo solo fenomeni parziali delle sue resurrezioni. Uomini del XIX secolo, l’ora delle nostre apparizioni è fissata per sempre, e ci riporta sempre uguali, tutt’al più con la prospettiva di varianti fortunate. Qui non c’è niente che possa incoraggiare molto la sete del meglio.



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