Lo stato e la politica by Paolo Pombeni;
autore:Paolo, Pombeni; [Pombeni, Paolo ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Politica, Farsi un'idea
ISBN: 9788815356932
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2020-08-15T00:00:00+00:00
Alla ricerca dei partiti politici «puri»
Nella fase originaria ed eroica del costituzionalismo europeo la più famosa definizione di partito fu data dal pensatore e uomo politico inglese Edmund Burke nel 1770: il partito era una honorable connection (una onorevole correlazione), era «un corpo di individui uniti per promuovere lâinteresse nazionale sulla base di principi che hanno determinato la loro alleanza». Qualcosa di simile ripeté nel 1816 il costituzionalista francese Benjamin Constant: «un partito è una riunione dâuomini che professano la stessa dottrina politica». In entrambe le definizioni il contenuto fondamentale era dato dalla condivisione delle stesse idee. Si trattava insomma di «partiti filosofici», cioè di comuni riferimenti ideali a cui gli uomini liberamente aderivano, ma soprattutto si trattava di ideali per così dire «ampi» a cui ciascuno dava poi una sua connotazione particolare.
Era nella opinione pubblica che si formavano questi riferimenti ideali e lâuomo politico, che secondo Burke altri non era se non «il filosofo nellâazione concreta», si muoveva sul terreno privilegiato del parlamento e della cerchia dei colti e degli «illuminati». Sostenere che le idee politiche potessero essere portate davanti a un pubblico generale era considerato più o meno una bestemmia. Ancora centâanni dopo, nel 1880, il grande leader politico inglese William Gladstone fu severamente censurato perché nella sua famosa campagna elettorale nel Midlothian (la regione di Edimburgo) aveva parlato davanti alla «plebaglia» (cioè in affollatissimi comizi) di argomenti politici che si dovevano riservare al parlamento e ai «gentlemen».
Non è che gli studiosi dellâepoca non sapessero che esistevano «partiti» un bel poâ diversi da questi archetipi filosofici. Il giurista svizzero-tedesco Johann Kaspar Bluntschli, che scrisse uno dei più famosi trattati di scienza politica dellâOttocento, aveva contato (già nel 1869) sei classi di partiti: 1) quelli che attingono i loro principi da una confessione religiosa; 2) quelli imperniati su interessi territoriali o regionali; 3) quelli che organizzano gli interessi di classe (come i nascenti partiti operai); 4) quelli divisi secondo i grandi principi costituzionali (monarchici e repubblicani; unitari e federalisti); 5) quelli divisi, come nel modello inglese, fra governo e opposizione; 6) i «partiti politici puri», cioè quelli che vengono determinati «solamente da principi politici (non da contrapposizioni religiose, di ceti, di diritto pubblico, di interessi) e contemporaneamente accompagnano la vita pubblica durevolmente in maniera libera». Come si vede egli aveva già individuato più o meno tutte le tipologie di aggregazione politica, che poi si sarebbero consolidate nel panorama politico moderno. Di queste tuttavia aveva dato un giudizio drasticamente negativo, tranne in un caso, lâultimo. La maggior parte di essi era inaccettabile, in quanto presumeva di rompere lâunità dello stato, creando differenze e spaccature che non avevano ragion dâessere. Solo i «partiti politici puri» erano veramente «naturali», cioè rispondevano a dei bisogni profondi della convivenza politica: senza una dialettica di idee la società non avrebbe potuto progredire in maniera equilibrata.
Bluntschli, per spiegare la naturalità dei partiti «puri», si lanciava in una fantasiosa teorizzazione «psicologica»: come nella vita umana vi erano quattro età , lâadolescenza, la prima virilità , la maturità e la
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