Lo Zen e la cultura giapponese by Lo zen e la cultura giapponese

Lo Zen e la cultura giapponese by Lo zen e la cultura giapponese

autore:Lo zen e la cultura giapponese
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2023-12-15T00:00:00+00:00


Lo stesso tipo di intuizione espressa da Buson si può ritrovare nello haiku di Bashō sulla cicala:

Yagate shinu Di una morte prossima

Keshiki wa miyezu, non mostra segni

Semi no koye. la voce della cicala.

Questo haiku viene interpretato da quasi tutti i critici e i commentatori come se Bashō avesse voluto dire che la vita è provvisoria e che noi, senza rendercene conto, ci abbandoniamo a piaceri di ogni genere, allo stesso modo in cui la cicala canta a voce spiegata, come se fosse eterna. Si è detto che Bashō intende offrire con questo haiku un monito morale e spirituale attraverso un esempio concreto e familiare. Per quanto mi riguarda, invece, mi sembra che un’interpretazione del genere distorca radicalmente l’intuizione dell’Inconscio da parte di Bashō. I primi due versi, o meglio le prime dodici sillabe, sono certamente una riflessione umana sulla transitorietà della vita, ma questa riflessione è solo una prefazione alla frase conclusiva, semi no koye, ovvero il canto della cicala, «jyū, jyū, jyū, jyū...!», sul quale grava il peso dell’intero haiku. Con il suo «jyū, jyū, jyū, jyū...!» la cicala afferma se stessa, ovvero rende nota la sua esistenza agli altri, e così facendo raggiunge la perfezione, è soddisfatta di sé e del mondo, e nessuno può contraddire questo fatto. L’idea di transitorietà viene introdotta e affermata dalla nostra coscienza e dalle nostre capacità riflessive nei confronti della cicala, che non sarebbe consapevole del suo destino incombente. La cicala, invece, non condivide le preoccupazioni dell’uomo, né è tormentata dalla brevità della sua esistenza, che potrebbe avere fine in ogni istante, non appena le giornate si faranno più fredde. Finché può cantare è viva e finché è viva la sua vita è eterna. Perché preoccuparsi della transitorietà? La cicala forse ride di noi quando i nostri pensieri ci portano a preoccuparci di eventi futuri che ancora non sono accaduti. La cicala ci ripeterebbe senza dubbio l’ingiunzione divina: «Se Dio così riveste l’erba del campo, che oggi c’è e domani sarà gettata nel forno, quanto più non vestirà voi, uomini di poca fede?» (Mt, 6, 30).

«Fede» è un’altra parola che equivale all’intuizione dell’Inconscio. Il Bodhisattva Avalokiteśvara (Kwannon Bosatsu) (fig. 70) è «colui che dona l’audacia»: a chi crede in lui sarà concessa l’audacia, che è fede e intuizione. Tutti i poeti che scrivono haiku adorano Kwannon e sono molto audaci. Possono quindi comprendere la vita interiore della cicala e della farfalla, che non provano mai paura del domani e delle sue conseguenze.

Spero di aver chiarito almeno un aspetto della relazione esistente fra l’esperienza zen del satori, o della non-discriminazione, e l’intuizione dell’Inconscio da parte dei poeti di haiku. Aggiungo che lo haiku è una forma poetica possibile solo per la mente e la lingua giapponese, al cui sviluppo lo Zen ha contribuito in maniera ragguardevole.



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