Lontano dalla vetta. Di donne felici e capre ribelli by Caterina Soffici

Lontano dalla vetta. Di donne felici e capre ribelli by Caterina Soffici

autore:Caterina Soffici [Soffici, Caterina]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2022-04-05T19:05:22+00:00


Timo e uova

Bussano alla porta. È un vecchio col cappello e il bastone, camicia a quadretti chiusa fino al collo e gilet di lana abbottonato. Per il fatto che è vecchio, ha il cappello e il bastone da pastore ed è vestito più o meno nello stesso modo, penso sia lo stesso del terzetto generazionale venuto a rivendicare il confine. Focalizzando l’attenzione sulla donna – la più aggressiva –, non l’avevo guardato bene. Mi paiono tutti simili, questi vecchi valligiani. Sono di due modelli. O grossi e pesanti, con pance enormi. Oppure magri, come risucchiati dal freddo, le facce scavate, la braccia nodose, le mani bruciate dal sole e dal ghiaccio, dai lavori nell’orto e con il legno. Questo è magro. Assomiglia davvero all’uomo del confine e il solo pensiero che possa essere lui mi innervosisce. Chissà di quale altra grana valligiana è latore.

La porta è aperta, mi ha visto, non posso far finta di non esserci.

Scusi, dice. Ho visto che vicino alla scala c’è una pianta di timo selvatico. Posso raccogliere un po’ di fiori?

La domanda mi spiazza. L’uomo è cortese, se anche fosse il vecchio del confine la questione pare risolta. O almeno credo, vai a sapere quali sono i codici di convivenza sociale, non ho ancora imparato a decifrare certi messaggi.

Comunque sia, certo che può.

Si alza appena il cappello dalla testa, in segno di ringraziamento, e va a prendere i fiori di timo selvatico. Curvo sulle piantine che bordano un muretto a secco, inizia a tagliare con grande cura, usando delle piccole forbici, i preziosi fiori e ne riempie una busta di plastica.

Poi viene a salutare. A cosa le servono, chiedo? Lui mi fa cenno di avvicinarmi e di annusare: dalla busta si sprigiona un profumo buonissimo, più forte del timo normale.

Questa è una pianta miracolosa, dice. È l’antibiotico più potente che esista in natura.

E mi racconta storie di vecchi colpiti da polmoniti letali, dati per spacciati dalla medicina ufficiale, che sono stati guariti con decotti di timo selvatico. Una volta, racconta, un uomo moribondo a cui il prete era già venuto a dare l’estrema unzione si era ripreso grazie a impacchi e decotti di timo e miele. Dice che adesso farà seccare i fiori al sole, è il momento giusto per via della luna e così per l’inverno lui avrà la scorta di medicina miracolosa.

Funziona anche per i reumatismi e la gotta e altro ancora.

Non so quanto di leggenda ci sia nelle guarigioni miracolose, ma certo sono storie che mi affascinano e pure il vecchietto ora mi fa simpatia e tenerezza.

Il giorno successivo sono al tavolo della cucina, sto lavorando al computer e lo vedo riapparire.

Ha un sacchetto in mano. Rieccolo, altro timo, penso.

Bussa alla porta, gli vado incontro.

Mi porge il sacchetto: Queste sono per lei. Uova delle mie galline, razzolano nei prati e mangiano solo erba. Sono le uova più buone della valle, glielo assicuro. Per ringraziarla del timo.

Si alza il cappello, stesso inchino con la testa e poi lentamente, con il passo calmo e un po’ traballante con cui è arrivato, se ne va.



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