L'ultimo grado by Fabrizio Carcano

L'ultimo grado by Fabrizio Carcano

autore:Fabrizio Carcano [Carcano, Fabrizio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Romanzo
editore: Ugo Mursia Editore
pubblicato: 2015-10-07T22:00:00+00:00


V

Milano, mercoledì 11 dicembre 2013

Mai al commissario Ardigò e alla sua squadra di investigatori era capitato di veder arrivare un testimone o un sospettato accompagnato dalla madre, come accadeva a scuola agli scolari monelli. Quella mattina però era capitato.

Il giovane Kevin Lo Bello, vent’anni da poco compiuti, cresta alla El Shaarawy sorretta da un’impalcatura trasparente di gel, tempie rasate come un rapper nero, due brillanti ai lobi e uno sulla lingua, tatuaggi tribali sull’avambraccio destro, si era presentato scortato dalla madre, Simona Colasante, composta in un completo scuro, ferma nel suo volto struccato e pallido e per nulla intenzionata a lasciare solo il figlio.

Ardigò rifletté un istante: forse la presenza della donna poteva tradursi in un vantaggio. E così la fece accomodare.

Partì lui, snocciolando quanto emerso durante la perquisizione e quanto sarebbe accaduto nelle ore successive: «È chiaro che il magistrato decreterà la chiusura in via cautelare dell’officina, ma con queste prove state certi che vi farà calare la saracinesca per sempre. E naturalmente indagherà te – si rivolse a Kevin – per favoreggiamento, ricettazione e associazione a delinquere e ovviamente l’indagine coinvolgerà anche tuo fratello Bruce. Per te ipotizzo una condanna anche fino a cinque anni, tuo fratello, essendo minorenne, se la caverebbe con un paio di anni. Così vi ritroverete disoccupati e con la fedina penale sporca. Non siete messi bene.»

Terminò e attese che l’ultimo avvertimento piombasse sulle spalle del giovane Kevin, la cui cresta restava alta per il gel, anche se la testa era china e lo sguardo basso.

Come previsto fu la madre a intervenire: «Commissario... così lei ci rovina».

«No, non vi rovino io, è stato suo marito a mettervi in questo guaio. Ma forse posso aiutarvi. A me non frega niente di chiudere un’officina e far indagare due ragazzini: io voglio prendere l’assassino di suo marito.»

Lo esplicitò in tono conciliante, quasi incoraggiante.

La donna dimostrò la sua pragmatica concretezza: «Che cosa vuole sapere?».

«Chi ha ucciso suo marito e perché.»

«Lo vogliamo sapere anche noi. E se quelli – ribatté la vedova ricorrendo al plurale riferendosi ai presunti assassini – adesso volessero colpire anche noi? Mica abbiamo la scorta...»

Pareva sincera e tutti i torti non li aveva.

Non potevano escludere che il killer o i suoi mandanti meditassero un’ulteriore ritorsione contro la famiglia della vittima, tuttavia l’esperienza e il buon senso tendevano a escluderlo.

«Per questo dovete aiutarmi, anche nel vostro interesse.»

La donna annuì, indicando il figlio.

Che ripeté la domanda della madre: «Che cosa vuole sapere?».

«Tanto per cominciare chi vi forniva i pezzi per truccare le auto da corsa.»

Il ragazzo abbassò nuovamente lo sguardo.

«Kevin non hai capito, o mi aiuti davvero o ti faccio chiudere l’officina e ti mando a processo. Ti è chiaro?»

Questa volta il tono era duro e intimidatorio.

La madre gli diede una pacca per incitarlo.

«Uno... uno che fa lo sfasciacarrozze.»

«Uno chi? Voglio in nome e l’indirizzo.»

«Si chiama Zlatan, il cognome non lo so. È uno slavo, ha un deposito di auto e di rottami dietro la tangenziale, all’Ortica. Non so altro, l’ho visto un paio di volte quando ho accompagnato mio padre.



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