L'uomo nero. Sterotipi maschili raccontati dalle donne by AA.VV

L'uomo nero. Sterotipi maschili raccontati dalle donne by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Caracò
pubblicato: 2017-02-18T23:00:00+00:00


Eh, che cosa grande che è la vecchiaia… Man mano che invecchio mi sento sempre più simile a lui e da lui continuo a imparare cose. Adesso poi ho il tempo di leggere le sue lettere. Quelle che scriveva a mia madre dalle sue tournèe. Raccontava i teatri pieni, i successi, gli applausi a scena aperta e chiedeva sempre di me, di cosa facevo e se studiavo. Quando leggo le sue lettere vedo me stesso, abbiamo vissuto le stesse cose, lui mi ha fatto venir su come voleva lui e adesso che sono vecchio lo sento sempre più vicino. Anch’io vorrei morire in palcoscenico come lui, anche se nessuno capirebbe la mia gioia. Anzi, sarebbe uno scandalo. Me l’hanno detto quelli di su. «Sei troppo vecchio, in palcoscenico non ci puoi più stare, se succede qualcosa andiamo su tutti i giornali e in un momento così non possiamo permetterci uno scandalo. Devono rinnovare la carica al direttore del teatro e te lo immagini se gli trovano un morto sul palcoscenico?» Mi viene da ridere solo a pensarci. Sai che faccia farebbero a trovarmi morto quassù? Urlerebbero, farebbero saltare qualche testa, scaricherebbero la colpa su qualcuno, magari su quello che gli sta sulle balle così con la scusa se lo toglierebbero di torno. Alla fine, forse, se muoio sul palco a questi qui gli faccio anche un piacere. Per loro io sono solo il custode del teatro. Lo sanno che ho lavorato tutta la vita sul palcoscenico, ma non conta niente. Non gli viene neanche la curiosità di chiedermi com’era il teatro cinquant’anni fa. E cento. Che tra me e mio padre l’abbiamo vissuta un po’ di storia del teatro. Questi capoccioni qua pensano di sapere tutto loro. Hanno studiato, dicono, ma io dico che hanno studiato solo come chiudere i teatri che noi, che non sapevamo niente, i teatri invece li facevamo funzionare e i capocomici di allora ci erano tutti riconoscenti.

Una volta eravamo a Parigi con Paolo Stoppa e Rina Morelli che presentavamo Uno sguardo dal ponte. La regia l’aveva fatta Luchino Visconti ma lui non c’era, i registi non erano come i capocomici. Loro non giravano con noi. Mi ricordo che stavamo montando le scene quando Paolo Stoppa arrivò a teatro e ci disse: «Ragazzi, basta lavorare, adesso andiamo a mangiare». Ci diede appuntamento qualche ora dopo e ci portò tutti, a sue spese, da Chez Maxim. Erano dei signori i capocomici di allora, certo non tutti ma la maggior parte sì, e noi macchinisti eravamo rispettati come gli attori. Solo uno non mi è mai piaciuto, Renato Rascel. A me lui m’è rimasto impresso: aveva un carattere che non era mica tanto a posto. Era nervoso e se qualcuno non gli andava giù, lo massacrava anche se lavorava bene. Lo umiliava in pubblico, da macchinista lo faceva diventare facchino finché questo, disperato, non se ne andava via. Una volta un capo macchinista stava per picchiarlo col martello, poi noi lo abbiamo fermato. Comunque anche se pagava bene, si era sparsa la voce e nessuno voleva lavorare con lui.



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