M Una metronovela by Stefano Bartezzaghi

M Una metronovela by Stefano Bartezzaghi

autore:Stefano Bartezzaghi
La lingua: ita
Format: mobi
ISBN: 9788858419083
editore: Einaudi
pubblicato: 2015-06-08T22:00:00+00:00


Buttarsi.

Se una notte d’inverno un passeggero

nella fermata Duomo della metro

sporgendosi dalla costa scoscesa

oltrepassa cosí la linea gialla

cioè si allontana dalla linea gialla

in direzione fatalmente erronea

senza temere metro né vertigine

sporgendosi sulla fossa scoscesa

verso il basso dove l’ombra s’addensa

in una rete di linee che s’allacciano

in una rete di linee che s’intersecano

(linee elettriche e linee di rotaie)

sul binario illuminato dal treno,

quel treno che sta arrivando in frenata,

«Quale vita laggiú troverà fine?»

gli chiedo, ansioso di scostar lo sguardo.

Prima che la linea gialla mi aggrovigliasse il discorso e finissi per parlare di metrica e toilette stavo annunciando che a volte penso al buttarsi. Ho già detto che non è una questione personale, il brivido che provo nel mio corpo non riguarda il mio corpo stesso. Forse mi illudo, forse è una distinzione tanto sottile da risultare impalpabile, ma a me pare che quel brivido sia invece un brivido di immedesimazione. Io mi immedesimo, tutto lí. Arriva la metro e non sempre ma con una certa frequenza penso a come sarebbe la situazione se fossi lí non per andarci su ma per andarci sotto. Si chiama medesimo ma non è proprio lo stesso, l’identico, il tale e quale. Certo, come in tutte le immedesimazioni c’è una quota di ambiguità. Quello che si butta, nella mia testa, non sono io: ma come spiegare la differenza? Se prendo una pistola e un passamontagna ed entro in banca dicendo: «Questa è una rapina», il mio avvocato poi non sosterrà troppo efficacemente la tesi secondo cui io non stavo compiendo una rapina ma mi stavo immedesimando in un rapinatore. Però nella testa possiamo fare quel che vogliamo e allora in banca posso sorprendermi a chiedermi quanti uomini (o donne, certo) servirebbero per rapinarla. Nella metro invece penso ai suicidi.

Ovviamente per suicidarsi bene bisogna andare all’imbocco della galleria da cui proviene la metro, cosí è al massimo della velocità consentita dalla decelerazione. Io invece di norma sto verso la testa: non è un pensiero consapevole, ma ora mi viene in mente che appunto senza pensarci consapevolmente vado dove si sente di meno lo stridore dei freni (ho l’orecchio delicato) e dove un eventuale incidente farebbe il minor danno.

Sono a Milano Duomo e c’è una grande differenza se sto aspettando nella fermata della linea rossa o in quella della linea gialla (nel senso della 3), che pure passa di qui. La rossa è infatti alimentata dal basso, in mezzo al binario corre una terza rotaia che conduce l’alta tensione. Le altre metropolitane, fra cui la gialla (la 3), sono piú saggiamente alimentate dall’alto: la motrice ha un trolley o pantografo che sta sempre a contatto con il filo sospeso sopra il convoglio, in termini tecnici «la linea aerea» (è veramente una rete di linee che s’intersecano, questo capitolo). Sulla verde o sulla gialla (la 3) si resta secchi solo se ci si fa investire da un treno in arrivo. Sulla rossa, basta l’elettricità della terza rotaia, che non è certo blanda come quella delle piste automobilistiche che montavamo da bambini sul pavimento



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.