M31 Una saga di famiglia by Stephen Wright

M31 Una saga di famiglia by Stephen Wright

autore:Stephen Wright [Wright, Stephen]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fanucci
pubblicato: 2000-05-14T16:00:00+00:00


Tornò in sé nell'acqua scura, annaspando alla ricerca dell'aria e di una strana superficie argentea increspata, troppo, troppo lontana. Il peso di un oceano la spingeva verso il basso, la marea salata e fredda la strattonava ai fianchi. Non riusciva a vedere, a respirare. L'oscurità gorgogliava fuori da un tubo aperto. Dash tirò giù la lampo del sacco a pelo e si infilò dentro. Adesso succedeva ogni notte. Vero come la morte. Ma all'alba lui diventava un fantasma e a colazione a malapena un sogno. Qual era la realtà? Non lo sapeva.

Quando uscì dal bagno gli altri erano già al loro posto, più o meno, intorno al lungo tavolo, a masticare, sorseggiare, fumare, steli fluidi di blu e grigio che si contorcevano in rapide spirali involute, troppo vorticose da valutare a quest'ora sconnessa. Era un mattino uggioso e le prime luci si posavano come polvere sulle facce spiegazzate dal sonno. Nessuno parlava, erano tutti concentrati sulla parte audio dello Show Antimeridiano già cominciato da un po' al di là della parete chiusa della misteriosa stanza al lato dell'altare della casa:

«Raccogliere cosa?»

«Una volta tanto prova a usare gli occhi.»

«Quello? Non ce l'ho messo io, lì.»

«Oh no, certo che no, tu non lasci mai niente in giro perché io inciampi e mi rompa l'osso del collo.»

«Vedo che oggi le stronzate volano alte.»

«Vedi un po' quello che ti pare.»

Il sapore del succo d'arancia pallido e tiepido faceva pensare che qualcuno ci avesse sciolto dentro un chiodo. Il toast era freddo e umidiccio. Entrò in cucina a prendere una mela e trovò la gatta sui fornelli, che leccava il fondo di una padella. In realtà non aveva fame, le doleva lo stomaco.

Da dietro la parete:

«Egoista? Egoista?! Ho sacrificato la vita per quella bambina.»

«Oh, lascia perdere, vuoi? Non capisco perché continuo a sprecare il mio tempo. Sono vent'anni che non mi stai a sentire.»

Zoe si sporse, capovolse la tazza e cominciò a sbattere la testa sul bordo del tavolo, le ciocche di capelli flosci che frustavano le pozze di latte rovesciato. Dallas batteva il cucchiaio contro il suo piatto a tempo con un ritmo che risuonava fastidioso nella testa di Gwen.

«Fai qualcosa, per l'amor del cielo!» urlò Trinity. «È il tuo stramaledetto turno.»

«Cazzo!» Scivolò dalla sedia, afferrò la sorellina per i polsi e la trascinò dentro l'Oggetto dove, usando una corda sfilacciata masticata dalla capra, la legò stretta al sedile di pilotaggio, centrale di controllo per le stelle.

Quando tornò, le voci tacevano. «Adesso stanno chiavando» disse, leccando il burro dalla lama di un coltello e guardando dritto Gwen, il che fu spaventoso perché non c'era modo di impedire a quegli occhi di penetrarla a loro piacimento.

«Proprio l'immagine che desideravo avere tra me e i miei cereali» disse Trinity.

Lui scrollò le spalle. «Ma è così.»

«Non sarebbe ora che andassi a lavoro?» chiese Maryse. Diede un colpetto al caos in fasce che le giaceva immoto in grembo. Si vedeva solo la testa, un oggetto tondeggiante con un che di bitorzoluto da cui spuntavano ciuffi trasparenti di fibra crespa.



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