Mary Barton by Elizabeth Gaskell

Mary Barton by Elizabeth Gaskell

autore:Elizabeth Gaskell
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
editore: Elliot
pubblicato: 2017-01-19T23:00:00+00:00


XVIII

Assassinio

Non vi era più palpito in quel cuore,

né sulle labbra un ultimo singhiozzo;

non sospiri o parole o affannosi respiri

facevano d’araldo alla sua morte.

«L’ASSEDIO DI CORINTO»

La mia mente continua a vagare;

non riesce a fissarsi su nulla

che non sia la vendetta.

«IL DUCA DI GUISA»

Dobbiamo ora fare un passo indietro, nel nostro racconto, tornando a un’ora o due prima del momento in cui Mary e i suoi amici si separarono per la notte. Quella stessa sera, verso le otto, le tre signorine Carson erano riunite nel salotto del padre. Il signor Carson, quanto a lui, si era attardato in sala da pranzo, per un pisolino nella sua poltrona preferita. La signora Carson (come faceva sempre, quando in casa non accadeva nulla di straordinario) si sentiva molto debole, e si era ritirata nel suo salottino personale, concedendosi il piacere di un mal di testa. Non stava bene, d’accordo. La servitù diceva che aveva “aria in testa”. E quelle indisposizioni altro non erano che la naturale conseguenza dell’ozio fisico e mentale cui era costretta, avendo a sua disposizione tempo e ricchezza, ma non l’educazione sufficiente ad apprezzarne le risorse. Anziché ricorrere quotidianamente ai sali e all’etere, le avrebbe fatto meglio prendere per una settimana il posto di una delle sue cameriere: rifare i letti, battere i tappeti, strofinare i mobili e uscire nell’aria fresca del mattino, senza l’armamentario di scialli, mantelli, boa, stivaletti con la pelliccia, cappello e velo di cui si equipaggiava per “prendere aria” in una carrozza chiusa.

Le tre ragazze erano dunque sole nel comodo salotto, elegante, ben illuminato. E come spesso accade alle signorine della loro condizione non sapevano esattamente cosa fare per arrivare all’ora del tè. Le due più grandi erano state a un ballo, la sera prima, e di conseguenza erano svogliate e sonnacchiose. Una, infatti, dormiva sulle pagine dei Saggi di Emerson che tentava di leggere; l’altra sfogliava un pacco di nuove canzoni, per scegliere le più piacevoli. Amy, la piccola, ricopiava uno spartito musicale. L’aria era appesantita dalla fragranza dei fiori, dal forte profumo, che veniva dalla serra attigua.

La pendola sul caminetto suonò le otto. Sophy (la sorella addormentata) sussultò a quei rintocchi. «Che ore sono?» chiese. «Le otto» rispose Amy.

«Oh, povera me, come sono stanca! È rientrato Harry? Il tè aiuterebbe a tenerci sveglie. Non sei sfinita, Helen?».

«Sì, abbastanza. Il giorno dopo un ballo, non sono in grado di fare nulla. Eppure al momento non sembra di essere stanchi. Dev’essere perché ci si corica tanto tardi».

«Ma come potrebbe essere altrimenti? Fino alle cinque, o anche alle sei, molti non pranzano, e così il ballo non comincia prima delle otto o le nove. E poi ci vuole un certo tempo per entrare davvero nel bello della serata. È sempre più gradevole dopo la cena che prima».

«Sì, ma stasera io sono troppo stanca per riformare il mondo riguardo a cene e balli. Cosa stai ricopiando, Amy?».

«Quella canzone spagnola, sai: Quieti quiera».

«Per chi la ricopi?».

«Per Harry. È stato lui a chiedermelo, stamattina a colazione; dice che è per la signorina Richardson».



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