Medioevo. Un sussidio per temi e concetti by Roberto Paciocco

Medioevo. Un sussidio per temi e concetti by Roberto Paciocco

autore:Roberto Paciocco [Paciocco, Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Accademia University Press
pubblicato: 2015-04-21T21:00:00+00:00


3. Le “investiture”

Nel 1076 Gregorio VII comminò la scomunica ad Enrico IV. Inoltre, il pontefice sciolse i sudditi dalla fedeltà al sovrano, annullando il correlato giuramento: un atto che contribuì a innescare i successivi sviluppi nella ricerca di forme alternative per fondare la “fiducia politica”, inclusa la trasformazione in senso giuridico del feudo.

Benché nel 1077 Enrico si fosse già affrancato dalla scomunica, nei territori germanici le turbolenze indotte dall’azione dei legati papali contribuirono a destabilizzare il quadro politico e favorirono l’elezione di antiré. Proprio in questo periodo si andò formando la curia papale – per i secoli precedenti è più opportuno parlare di corte papale – le cui cariche corrisposero in linea di massima a quelle delle curie secolari. Il numero dei componenti il collegio cardinalizio andò aumentando fino a una cinquantina circa dopo il 1080, quando, dopo una ulteriore scomunica di Enrico IV da parte di Gregorio VII, iniziò uno scisma per l’elezione dell’antipapa Clemente III (Guiberto di Ravenna, 1080-1100).

Dal 1078 prese l’avvio la Lotta per le investiture. Esattamente cos’è un’investitura? Previamente, è necessario soffermarsi su di una importante differenza tra le diocesi della tarda antichità e quelle del primo e dell’alto medioevo, una differenza che coinvolge un altro aspetto del contrasto tra il diritto romano e le concezioni germaniche e feudali. Nel tardo Impero romano l’unità amministrativa di un episcopato era evidente di per sé, allo stesso modo in cui poteva esserlo nella sfera secolare una provincia o una municipalità romane. Il vescovo, cui pertenevano funzioni sacramentali, dottrinali, giurisdizionali e patrimoniali, era a capo di un’amministrazione per la conduzione della quale collaboravano dei chierici suoi “funzionari”: i patrimoni ecclesiastici erano intesi come un’unità conferita al vescovo in quanto impersonante un’istituzione.

In età medievale si innescarono una decentralizzazione del potere e la disintegrazione delle proprietà diocesane, che finirono per larga parte nei patrimoni dei sovrani o di altri signori. Nell’alto medioevo, per dirla in altro modo, la Chiesa risultò avvolta da una rete feudale, in quanto quel concetto di “pubblico servizio” cultuale per i cattolici, affermatosi in età tardo-antica nel contesto dell’Impero romano, fu sostituito da un’altra nozione: che le funzioni della Chiesa fossero mere prerogative legate al godimento di un beneficio, inteso in senso feudale e concesso dai proprietari. Pure seggi in capitoli cattedrali, decanati e rettorie parrocchiali erano suscettibili di essere considerate “appartenenze” conferite tramite “investitura feudale”. Nel corso della Lotta per le investiture la Chiesa – non solo a Roma ma anche in altri territori, ad esempio in Francia e in Borgogna – si propose di bloccare questa linea di tendenza e mirò a realizzare, come avrebbero detto i riformatori, la “libertà della Chiesa” (libertas ecclesiae).

Ora è forse più agevole comprendere la definizione di “investitura” che offrì Ovidio Capitani: «l’investitura – parola che non era peraltro molto usata nell’xi secolo – consisteva nella attribuzione al vescovo di tutti i benefici connessi con la chiesa episcopale che erano concessi, di volta in volta, dall’imperatore o dal sovrano laico che ne manteneva una disponibilità “eminente”: terre, immunità, giurisdizioni» e



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