Memorie dal comunismo. Storia confidenziale di quarant'anni che hanno cambiato volto all'Europa by Giuseppe Boffa

Memorie dal comunismo. Storia confidenziale di quarant'anni che hanno cambiato volto all'Europa by Giuseppe Boffa

autore:Giuseppe Boffa
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2014-02-01T23:00:00+00:00


La morte di Togliatti

A causa del conflitto cino-sovietico Togliatti intraprese il suo ultimo viaggio nell’URSS. Lo fece, come ha poi testimoniato chi gli era più vicino, controvoglia. L’invito formale era per un periodo di vacanze. Togliatti si sapeva già malato e non amava trascorrere all’estero le ferie. Si rassegnò nella speranza di un incontro chiarificatore con Chruscev.

Quando arrivò a Mosca, io non potei accoglierlo. Ero in Giappone, dove partecipavo insieme a Franco Calamandrei a un’assemblea del Movimento della pace, che purtroppo di pacifico aveva ben poco poiché la nota dominante era offerta dai continui battibecchi fra la delegazione cinese, appoggiata dai padroni di casa, e quella sovietica. Riuscii a incontrare brevemente Togliatti solo il giorno successivo al mio rientro, quando era già in procinto di partire per la Crimea. Mi accorsi che non era di buon umore. Non era riuscito a incontrare Chruscev, che - gli fu detto - era in giro per il Paese. Il colloquio ci sarebbe stato solo più tardi. In attesa poteva riposarsi al mare. Fra i pareri politici espressi in quel corto colloquio uno mi rimase impresso: Togliatti temeva che la lotta politica, sia su scala internazionale che nei singoli Paesi, prendesse la strada del terrorismo, fenomeno di cui già intuiva che sarebbe stato difficile venire a capo. Il giudizio mi meravigliò poiché i segni premonitori erano ancora tenui. Qualche anno dopo non potevo non ripensare con rispetto alla sua preveggenza.

Quel che Togliatti intendeva dire ai dirigenti sovietici è comunque noto perché lo sintetizzò in un «promemoria», che non potè mai essere consegnato agli interessati, ma fu pubblicato a Roma subito dopo la sua morte. Ebbe all’epoca grande risonanza e fu considerato un suo involontario testamento politico. I capi dell’URSS avevano enunciato l’intenzione di convocare una nuova conferenza mondiale dei partiti comunisti che isolasse e condannasse i cinesi. Togliatti era ostile al progetto. Non condivideva le tesi di Pechino, troppo estranee al suo modo di pensare e di intendere la politica. Né aveva evitato la polemica. Ma era anche convinto che il movimento comunista e il più vasto schieramento di paesi «antimperialisti», che ad esso offriva un consistente appoggio, non potessero fare a meno della Cina. Contro le posizioni di Pechino una battaglia politica andava condotta, ma poteva essere solo battaglia prudente, rispettosa dei diversi punti di vista, non impostata sugli anatemi. A tale scopo Togliatti proponeva una riforma dello stesso movimento comunista, che doveva accettare la diversità delle idee come un processo inevitabile, dal quale trarre profitto, facendone oggetto di pacate discussioni, senza pretendere a un’unanimità ormai impossibile. Per la prima volta Togliatti criticava anche la lentezza dei sovietici nel procedere sulla via indicata dal loro XX Congresso.

Alla luce di quel che è poi successo i suggerimenti del «promemoria» possono sembrarci ingenui. Ma Togliatti non era ingenuo. Col passare del tempo mi sono convinto che la sua iniziativa presentava parecchie analogie con quella assunta da Antonio Gramsci nel 1926 mediante la sua famosa lettera che, nel momento culminante dello scontro fra Stalin e Trockij,



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