Mille giorni che non vieni by Andrej Longo

Mille giorni che non vieni by Andrej Longo

autore:Andrej Longo [Longo, Andrej]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio
pubblicato: 2022-09-04T22:00:00+00:00


16

Ho dormito qualche ora e poi ho lavorato con Padre Vincenzo per cinque giorni filati.

I neri li abbiamo sistemati in una cappella che si usava come deposito sul retro della chiesa. L’abbiamo svuotata di tutte le cose che stavano accantonate. Poi è venuto l’elettricista a mettere a posto l’impianto della corrente. Una bella pulita, una mano di pittura e la cappella era pronta.

Intanto da un’associazione che sono amici di Padre Vincenzo, abbiamo recuperato i materassi, qualche lenzuolo, un paio di coperte, un frigo e una cucina elettrica.

A prendere la roba sono andato io, con un furgone che ci hanno prestato.

La cappella l’abbiamo divisa in due stanze, usando certe scatole vuote di cartone e due lenzuoli cuciti assieme. Adesso dormo sul materasso in una delle stanze, assieme ai due ragazzi neri. Siccome hanno il nome troppo complicato, a uno lo chiamo Mustafà il Grosso e all’altro Mustafà il Piccolo. Il Grosso è quello più alto, che al paese suo faceva il cuoco e se n’è scappato per venire a cercare lavoro in un ristorante in Italia. Il Piccolo è quello che zoppica per la ferita alla gamba. La ferita se l’è fatta per l’esplosione di una granata. Parla un poco d’italiano e vuole continuare gli studi di medicina qua da noi.

Ieri sera stavo così stanco che appena mi sono buttato sul materasso gli occhi si sono chiusi.

Oggi però tengo troppa voglia di vedere Maria Luce e Rachelina, e all’ora di pranzo mi presento a casa.

«Da dieci giorni non ti fai vedere. La bambina ci è rimasta male».

«Ho tenuto da lavorare. E poi non volevo disturbare».

«Tieni sempre la scusa pronta, tu».

«Ma no, quando mai. Qua stanno pure i soldi che mi hanno pagato».

Tiro fuori i soldi e faccio per darglieli. Ma lei fa di no con la testa e non se li prende.

«Jà, sono per la bambina, pigliali».

Fa di nuovo di no con la testa, così ce li ficco a forza in mano. Lei vuole tirare via la mano, ma io gliela stringo forte e la guardo dentro agli occhi.

«So’ sei anni che mi sento una persona inutile. Per favore...».

Per un attimo ci guardiamo...

«Papà, papà!».

È Rachelina, che sta affacciata al pulmetto della scuola e che mi ha riconosciuto da lontano.

Scende dal pulmetto, attraversa di corsa la strada e mi arriva addosso che un altro poco mi getta a terra.

«Vola vola, papà!».

La prendo tra le braccia e la butto in alto.

Ride.

«Ancora papà, ancora!».

«E uno, e due, e tre, e viaaaa!».

Un altro volo e poi la riprendo tra le braccia.

Intanto Maria Luce va vicino al lavello, piglia un piatto e un bicchiere, e aggiunge un posto a tavola.

«Ancora papà, ancora!».

«Papà sta stanco, amore, non ce la fa più».

«Tienimi stretta papà».

Mi stringe forte.

Sento il cuore suo che batte veloce.

«A papà, tutt’a posto?».

«Sono mille giorni che non vieni».

«Ho lavorato, non potevo».

«Credevo che non venivi più, papà».

«O Gesù, e perché non dovevo più venire?».

«Ho pensato che ti avevano portato un’altra volta in quel brutto posto».

«No, Rachelì, papà non lo portano più in quel brutto posto».

«Sono stata tanto triste, papà».



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