Modus in rebus by Riccardo Ferrazzi

Modus in rebus by Riccardo Ferrazzi

autore:Riccardo Ferrazzi [Ferrazzi, Riccardo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Morellini
pubblicato: 2023-10-24T23:00:00+00:00


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I giorni passavano e la morte di Turchetti non faceva più notizia. Giornali e tv si occupavano di scandaletti; la politica si manteneva sul solito livello di inconcludenza; le pagine culturali dei quotidiani ricominciavano a intonare l’eterno tormentone: «Il romanzo è morto?».

In questa atmosfera sonnacchiosa Aleph pubblicò un post, firmato Watson, che riportò Turchetti al centro delle discussioni.

Da fonti bene informate apprendiamo che la procura intenderebbe archiviare l’indagine sulla morte di Giordano Bruno Turchetti. La notizia è come minimo preoccupante.

È risaputo che, nelle intenzioni di Turchetti, la condanna dei pedanti doveva essere il primo passo verso la costituzione di un movimento politico: il Maestro intendeva mobilitare il suo largo seguito per dare vita a un partito destinato a rimescolare le carte della politica italiana. Chi ha spento l’ultima voce libera del Paese manovra per cancellarne anche la memoria, ma le autorità non sembrano interessate a smascherare queste trame. Perché gli inquirenti non seguono la pista delle invidie che la vittima si era attirato con la sua fama? E che fine ha fatto il romanzo al quale Turchetti lavorava da anni? La scandalosa verità è che il manoscritto non compare fra gli atti dell’inchiesta. L’appartamento di Turchetti è stato perquisito da cima a fondo: si vuole farci credere che non si sia trovato nulla?

Omicidio e complotto: sulla blogsfera fiorirono i lamenti di chi invocava il romanzo perduto di Turchetti come se fosse stato il Santo Graal. Il fascino dell’intrigo seduceva. La diffidenza nei confronti delle autorità era palpabile.

Lu Pisani intervenne per fissare la linea di Aleph: l’omicidio Turchetti non doveva essere insabbiato, la Magistratura aveva il dovere di indirizzare gli inquirenti su una corretta linea di indagine, l’opinione pubblica avrebbe vigilato e giudicato. Praticamente Lu reinventava lo stato di diritto.

Nei giorni seguenti Watson tornò alla carica insistendo sulle sue accuse senza far nomi. Le dietrologie si scatenarono. Bisognava indagare sui pedanti, diceva Watson. Ma nessuno sapeva chi fossero e, fra illazioni e sospetti, nel mondo dei letterati si diffuse una sensazione di pericolo. Se quello di Turchetti era stato un omicidio, chi poteva averlo commesso? Solo uno del giro. E che di omicidio si trattasse ormai lo pensavano tutti.

Un altro anonimo, che si firmava Ti Tronco, insinuò che gli inquirenti si erano adagiati sulla teoria della disgrazia perché sprovvisti di sufficiente fantasia per risolvere il classico "omicidio nella stanza chiusa". Watson raccolse la malignità e ci fece dell’ironia: ogni lettore di gialli conosce un paio di sistemi per uccidere un uomo in una stanza chiusa dall’interno e non c’è scrittore che non abbia provato a inventarne uno nuovo. Ma i poliziotti leggono i gialli?

La prima conseguenza di cotanto dibattito fu che in libreria raddoppiarono le vendite di gialli classici, quelli con l’investigatore tutto osservazione e deduzione. La seconda conseguenza fu la caccia al manoscritto di Turchetti. La terza fu la comparsa di un tizio segaligno, che portava occhiali scuri e fumava ininterrottamente sigarette di contrabbando: l’ispettore Soriano.

Frattanto, le chiacchiere al bar e in pizzeria si svolgevano a base di citazioni da Edgar Wallace, Ellery Queen e Agatha Christie.



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