Né uomo né dio by Simone Sarasso

Né uomo né dio by Simone Sarasso

autore:Simone Sarasso [Sarasso, Simone]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Historical, General
ISBN: 9788852081187
Google: HZEmDwAAQBAJ
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2017-06-26T22:00:00+00:00


UDITE IL MIO RUGGITO

Un altro maledetto leone: io li detesto i gatti troppo cresciuti.

Questa volta, però, non è lui a seguire le mie tracce. Stavolta sono io che fiuto l’erba sottovento e ascolto i cerbiatti in fuga.

Ieri ero solo una preda, oggi sono il cacciatore.

Ci sono inciampato. I polpacci bruciano, anche se ho camminato solo per un po’, e la mano destra sanguina.

Camminavo a testa bassa, per non affrontare il sole. È così che sono finito addosso all’ulivo. Ho sbattuto la testa, la fronte si è graffiata e ha pianto qualche goccia rossa. La rabbia avrei voluto lasciarla a Micene, ma a caccia non ci puoi andare disarmato. È esplosa come un tuono in una notte umida: ho afferrato il mio nemico di legno e l’ho sradicato.

Mentre ansimavo, con l’ulivo tra le dita e terra e polvere che piovevano dalle sue radici, mi sono ricordato d’essere praticamente inerme. A parte una lama curva che contro la belva può quanto un colpo di tosse, non possiedo altro. Sandali e tunica, un laccio per raccogliere i capelli troppo lunghi: nient’altro.

Così ho posato il tronco in terra e ho cominciato a lavorarlo con la lama. Tante fronde le ho strappate con le dita e i denti, ma la corteccia ho dovuto spelarla. Ci ho dedicato un giorno intero, fino a farmi venire le vesciche. Non sapevo nemmeno cosa stavo facendo, ma sapevo che era necessario.

Quando ho guardato il risultato, sono rimasto stupefatto. La clava è enorme e assomiglia alla coscia d’un animale gigantesco. Il legno è sodo, e ha il colore della pelle dei bambini. L’ho sollevata con la destra offesa dal lavoro estenuante, le vesciche sono esplose sotto la presa.

«Bene» ho detto. E ho ripreso il cammino con la clava in spalla.

«Mi chiamo Molorco, sono un contadino. Qual è il tuo nome, vagabondo?»

Sospiro, espiare è una faccenda noiosa, ma devo rispondere all’uomo che ho appena incrociato. «Mi chiamo Ercole. Forse hai udito parlare di me...»

Molorco scuote la testa: ha capelli di neve, il torace di chi sgranocchia poco o niente a pranzo e a cena. Occhi d’acqua cotta, dita spaccate dal lavoro sempre uguale.

«Mai sentito. Perdonami, ma non vedo molta gente. Questa che stai percorrendo non è una strada di passaggio. Porta in un luogo pericoloso, da cui faresti meglio a tenerti lontano.» Allarga le braccia per farmi sapere che a lui, comunque, va bene lo stesso.

È la prima persona, da quando la mia vita ha iniziato ad affondare, che non conosce le mie colpe terribili. Forse potrei fermarmi un po’ qui, riposare, fingere di avere una vita semplice. Poi, però, vedo la mia faccia riflessa nel tino dove Molorco si accingeva a darsi una lavata. Proprio dietro la sua casa, a un passo da noi, scorre una fonte d’acqua limpida.

Quel che scorgo è il motivo per cui sono in viaggio: occhi infossati, barba sfatta. Il buio s’è preso tutto, mi ha lasciato solo la voglia di farmi male.

Riempio i polmoni di rimpianto: «Sto andando a Nemea, per scovare il leone che ne infesta le campagne: solo un assassino può cacciarne un altro, di questo sono certo.



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