Non è storia senza i vinti by Giampaolo Pansa

Non è storia senza i vinti by Giampaolo Pansa

autore:Giampaolo Pansa [Pansa, Giampaolo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788831807043
editore: RIZZOLI LIBRI


* Giampaolo Pansa, Prigionieri del silenzio, Sperling & Kupfer, Milano 2004.

All’inferno tra i compagni

«A me non piace il relativismo assoluto, non ci credo. E nemmeno sono un cinico totale. Nel mio piccolo penso a una cosa più precisa, e cioè che è meglio aver fiducia in ideologie che non prevedano l’annientamento dell’avversario. In principi che siano rispettosi delle vite altrui.»

Un uomo solo nel posto sbagliato, o in quello giusto, basta intendersi: prima contro Franco in Spagna, poi in esilio per colpa di Mussolini, quindi alla macchia come partigiano. E ancora in prima linea sul confine triestino, in seguito internato nel peggiore dei gulag di Tito, l’Isola Calva. Infine, spina nel fianco del Pci di Togliatti.

Quante anime per un uomo, che per giunta aveva soltanto la pretesa di rimanere coerente con se stesso. E per questo si trovò sballottato tra i più ipocriti trasformismi del secolo scorso, tritato dai meccanismi implacabili, ma altalenanti, delle ideologie e delle dittature, sacrificato come vittima sull’altare della più cinica Realpolitik. Tutto questo in un corpo solo, quantunque più volte ferito e martoriato, fu Andrea Scano: irriducibile comunista sardo alla cui vicenda, romanzesca ma nient’affatto romanzata, è dedicato il nuovo, appassionante libro del giornalista e storico Giampaolo Pansa, Prigionieri del silenzio.

Pansa, come mai – dopo Il sangue dei vinti, dedicato alle vittime della sommaria giustizia partigiana – ha deciso di continuare sulla via dei «revisionismi»?

Be’, intanto, non penso che il revisionismo sia una brutta strada. Chiunque si occupi di storia, anche un dilettante come me, ha l’imperativo di «rivedere» sempre, di completare i buchi del passato, di illuminare le zone rimaste oscure. Io l’ho fatto, e non solo da ora. Né mi pongo il problema di bacchettare nessuno: dico ciò che penso, provo a raccontare qualcosa che gli altri non hanno mai narrato, o che hanno spiegato in modo parziale.

Ma perché accanirsi a sinistra?

Intanto perché è un terreno poco dissodato dalla storia. E poi, ho scritto tantissimo sulla Resistenza e sul fascismo. Anzi, devo dire che, mettendo le pagine sulla bilancia, forse pesa di più il mallo «antifascista».

L’anno scorso lei compilò un affresco dei delitti partigiani. Questa volta invece tratta della storia di un individuo solo.

Che però non è solo la storia di un singolo… È la vicenda di un essere umano immerso nei grandi rivolgimenti politici e sociali, tra le guerre civili del Novecento, negli scontri fra ideologie. E apre uno spiraglio non solo sul dopoguerra italiano e sul Pci, ma pure nella storia d’Europa tout court, del comunismo internazionale e delle dittature.

In che senso?

Penso che ci sia molto da scrivere di nuovo sulla storia del secolo scorso. C’è campo libero d’indagine e bisogna che gli storici italiani, in genere bravi, anche se qualche volta troppo faziosi, si diano da fare.

«Mi sto rendendo conto» confessa a un certo punto un personaggio del libro «del vuoto in cui molti di noi comunisti, o presunti tali, siamo vissuti per anni.»

«Sì, perché la sinistra non sa affatto che cosa è accaduto nel suo mondo. Ho chiesto una volta a un politico diessino assai importante se conoscesse il gulag dell’Isola Calva.



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